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Festival dei Popoli: report 3 DICEMBRE 2006


Tra Tele Monte Orlando ed i carusi siciliani delle miniere di zolfo.


Festival dei Popoli: report 3 DICEMBRE 2006
Il regista di "Pirrera" Piero Messina
Seconda giornata di proiezioni al Cinema "Auditorium Stensen". Insieme a me ad assistere alle proiezioni c'è anche l'altro nostro accreditato, Francesco Chiti. Anche oggi, pur essendo domenica, la sala non è pienissima, ed è un peccato, perchè la programazione è ottima. Ci sono due documentari del "Concorso Italiano". si parte con "Libertà" (2006, Italia/Germania, 65') di Nina Mair, Robert Jahn. Il film parla della prima Telestreet italiana, TeleMonteOrlando (TMO). E' un opera molto interessante, che mette in luce una piccola realtà locale saldamente ancorata al territorio e molto popolare nella città da cui trasmettono: Gaeta. Antonio Ciano, l'ideatore del canale che trasmette approfittando di un cono d'ombra sulle frequenze di Canale 42 dovuto proprio al Monte Orlando, è un personaggio strepitoso, descritto molto bene dalle riprese del documentario. E' una persona geniale e piena di creatività, con le sue idee politiche "suddiste". Interessante la frase detta in studio da un giornalista, mentre vi è un dibattito con il sindaco di Gaeta: "le notizie vengono dal basso e non dall'alto!". L'immagine del documentario è molto simile a quella trasmessa veramente da TMO: molto essenziale.
Secondo film in concorso della giornata è "Pirrera" (2006, Italia, 49') di Piero Messina sull'omonima miniera di zolfo siciliana. Il regista ci mostra i racconti dei vecchi lavoratori, che descrivono le atrocità di questo lavoro con un velo quasi di amarezza, come se stessero rimpiangendo i tempi passati. Molto belle le immagine inserite tra un racconto ed un altro di vecchie foto e filmati della miniera. Vi è il racconto dei carusi, giovani bambini svenduti dalle famiglie ai capi miniera, che lavoravano nudi ed in condizioni disumane nel cunicoli più stretti della "Pirrera". Vi è la descrizione di un mondo sotterraneo e nascosto, ove gli uomini vivevano anche per settimane senza vedere la luce del solo, quasi come talpe, piegati dalla fatica e dal sudore, con il rischio giornaliero di poter morire a causa di un malore o di una esplosione. Questi "uomini talpa" non potevano essere degni neanche di un funerale in chiesa, perchè considerati da questa istituzione come morti per suicidio. Sono descritti due mondi e due vite di migliaia di siciliani, che oggi a miniera dismessa popolano paesi pieni di anziani con tanti ricordi agrodolci dei tempi che furono e che non potranno più tornare...

03/12/2006

Simone Pinchiorri