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Note di produzione del film "Sbirri"


Note di produzione del film
LA GENESI DI SBIRRI
L’idea di "Sbirri" nasce dal "sogno" di Chiara Giordano e Raoul Bova di cimentarsi in un progetto diverso dal solito, di fare cioè un film popolare sotto diversi punti di vista, ma con un linguaggio nuovo.
Dopo tanti film, dopo tante esperienze", dice Raoul Bova, "avevo voglia forse di trovare un qualcosa in più, qualcosa che mi desse un’emozione a livello artistico e che mi desse la possibilità di poterla realizzare anche a livello produttivo; era la voglia di un film con un certo valore sociale, che raccontasse storie vere raccontate in modo vero. In tanti film che ho fatto ho avuto sempre un po’ la tendenza a descrivere degli eroi, eroi che poi molte volte non vengono mai portati alla luce o cui comunque non viene dato il giusto peso.. degli eroi nascosti che vivono sempre un po’ nell’ombra, degli eroi normali. Così come sono eroi gli uomini della squadra U.O.C.D., perché in cambio del loro faticosissimo lavoro hanno la soddisfazione di fare un qualcosa per la gente
Chiara Giordano racconta: “Una sera ho visto un film sulla squadra mobile antidroga di Milano, ne sono rimasta molto colpita e ho deciso di trovare il regista per presentarlo a Raoul: dovevano fare qualcosa insieme. Gli ho fatto vedere il film ed ho detto: questo è il regista che cerchi!
Roberto Burchielli ha incontrato subito Raoul e Chiara a Roma e dal loro incontro è nato il progetto "Sbirri", continua Chiara: “Riflettevamo sul fatto che ci serviva un attore che s’integrasse nella realtà, che si mescolasse agli agenti di polizia in borghese, in macchina, per strada, nei locali, a cercare e ad arrestare gli spacciatori, di fatto una persona coraggiosa che fosse pronta a mettersi in gioco”.
Quando Raoul ha detto ‘Posso farlo io…’ sicuro ed entusiasta, non me lo sono fatto ripetere due volte", dice Roberto Burchielli, "e dopo neanche un mese eravamo a Milano pronti per le riprese.”

EROI NASCOSTI
Chiara Giordano racconta poi le sue impressioni e l’esperienza vissuta a contatto con gli agenti della U.O.C.D.: “Sappiamo che ci sono per le strade, ma vederli e viverli come poi noi li abbiamo vissuti nel periodo delle riprese è stata un’emozione grande, è stato bello vedere la loro semplicità, la loro passione. Credono nel loro lavoro, faticano, soffrono e nello stesso tempo fanno del bene. Posso dire anche onestamente che come mamma in qualche modo mi sono sentita quasi più sicura sapendo che ci sono loro per le strade, sapendo che un giorno magari i miei figli potranno avere anche degli esempi veri e nuovi da seguire”.
Sono persone tranquillissime e umane", aggiunge Raoul Bova, "e lo vedi anche da come trattano quelli che alla fine arrestano, con grande rispetto, grande umanità e sensibilità. Per loro questo lavoro è una passione, una missione, al di là tutto. Angelo è un’artista e dipinge benissimo, Paolo faceva lo chef e Simone è istruttore di boxe. Il titolo "Sbirri" è una piccola provocazione, è ironico proprio perché comunque sottolinea la concezione comune, tra virgolette, che i poliziotti siano degli “sbirri” soprattutto tra le giovani generazioni

LA SCENEGGIATURA
La sceneggiatura di "Sbirri" si è andata a definire man mano che andavano avanti le riprese. “Sapevamo" racconta Raoul Bova, "che dovevamo partire da un punto ed arrivare ad un altro; le singole scene, i singoli dialoghi e parte delle situazioni sono nate mentre giravamo, poiché erano tutte situazioni reali e bisognava essere pronti all’improvvisazione. Ero molto nervoso all’inizio, temevo molto il giudizio dei poliziotti, tipo l’attore che arriva, vuole fare il film, che chissà chi si crede di essere… quindi un po’ tutta quella situazione mi metteva un po’ di agitazione. Nel momento in cui però ci siamo guardati negli occhi, come gli animali che si riconoscono al primo istante, c’è stato veramente un grandissimo feeling, fatto di fiducia, di verità, di sincerità… io non giudicavo loro e loro non giudicavano me e questa è stata anche la forza del film perché c’è stata una tale naturalezza, come se la macchina da presa non ci fosse. Insomma questa è stata veramente la cosa bella, forte del film: la verità e l’immergersi nella realtà”.
Aggiunge Roberto Burchielli: “Sinceramente non ho mai visto un attore calarsi così nel personaggio e riuscire a dare delle emozioni così forti”.
Nel film c’è anche una scena in cui Roul Bova si sente male, subito dopo l’arresto di uno spacciatore cui aveva partecipato insieme alla squadra; ed è successo veramente: “E’ stato ripreso anche questo si! Dopo ore ed ore di appostamento siamo arrivati lì…io guardavo da un monitor quello che succedeva sul campo d’azione, ad un certo punto abbiamo incominciato a correre…abbiamo raggiunto lo spacciatore in un attimo, ho visto le manette, ho visto la faccia del ragazzo... immobilizzato… l’adrenalina è impazzita, è stato un violento colpo allo stomaco”.

GLI ATTORI TRA REALTÀ E FINZIONE
Per il ruolo di Sveva, la moglie di Gatti/Bova è stata coinvolta nel progetto Simonetta Solder, che per il suo ruolo ha accolto ed affrontato la difficile sfida di recitare senza copione, con un lavoro di preparazione e di improvvisazione non indifferente. Prima dell’inizio delle riprese lei, Raoul Bova ed il giovane Alessandro Sperduti che interpreta loro figlio Marco, sono andati a vivere per una settimana nella casa che sarebbe stata la location del film, per creare e consolidare gesti, movimenti, per ‘essere’ una famiglia normale. “Ci siamo chiusi una settimana in una casa", commenta Roberto Burchielli, "sono entrati tre attori bravissimi ed è uscita una famiglia… è stata una magia!”.
Ricorda Simonetta Solder: “C’è stata grandissima complicità e si è instaurato subito un rapporto profondo sin dal primo giorno; mi sono ritrovata proprio ad essere e a diventare sua moglie, la mamma di Marco; abbiamo vissuto come una famiglia vera con tutte le piccole cose, le cose normali e questo ha creato veramente l’unione, il gruppo, l’affetto, una famiglia che si ama”.
Abbiamo improvvisato, ricorda Raoul Bova "senza nessuna fretta, senza nessuna costrizione di dire una battuta piuttosto che un’altra, di guardare una luce piuttosto che un’altra e mentre improvvisavamo giravamo la scena”.
E non erano scene da 5 minuti", aggiunge Simonetta Solder "erano ciak di 40 minuti, non avevo mai fatto nulla del genere… si sviluppa un qualcosa in cui sei dentro a lungo, dall’inizio alla fine, per non parlare del livello emotivo, sempre altissimo”.
Martani è il caporedattore di Matteo, ed è interpretato da Luca Angeletti. “Il mio capo ed un grande amico, Luca", dice Raoul Bova "È la parte più divertente del film, insomma un capo… come ce ne sono tanti che ti chiedono sempre ‘devi fare quello, devi fare quest’altro e poi quest’altro ancora’ e che sembrano quelli duri perché comunque molto esigenti; poi alla fine sono dei pezzi di pane. Mi ricorda molto il capo redattore de L’Uomo Ragno. Luca era talmente coinvolto che veniva a Milano apposta e di notte si nascondeva, voleva vedere anche lui le operazioni di polizia; una volta ce lo siamo trovato nel portabagagli della macchina che ci seguiva, la cosiddetta macchina d’appoggio”.
Ricorda Luca Angeletti: “Quando Raoul mi ha parlato del progetto ho pensato fosse un’idea folle però fantastica, mi piaceva assolutamente questo mix di realtà e di finzione cinematografica. Avevamo l’occasione di fare insieme delle cose che nel cinema non si fanno mai: avere la possibilità di improvvisare e di entrare anche piano piano nelle situazioni, per poi farle crescere. L’importanza di questo film è stato aver avuto accesso a delle storie vere, entrare nell’umanità dei poliziotti, delle persone che vengono arrestate, assistere a degli interrogatori, vedere la fatica che fanno questi uomini, completamente dediti al proprio lavoro”.
Alessandro Sperduti descrive così il suo personaggio: “Marco è un ragazzo di 16 anni, il figlio di Raoul… è fondamentalmente un bravo ragazzo e come tutti cerca divertirsi con gli amici. Purtroppo arriverà a trovarsi in una situazione in cui viene coinvolto dal gruppo e nel momento in cui cede ne paga le conseguenze, drammaticamente. Da quell’episodio poi il padre inizierà la sua ‘missione’, inizierà ad indagare, non per cercare i colpevoli, ma per capire. Nel film c’è anche una storia di amicizia tra ragazzi, ci siamo divertiti molto a girare quelle scene assurde, tipo la corsa dei carrelli rubati al supermercato”.

L’IMPATTO
Non avevo mai abbinato delle facce a questo mondo", considera Raoul Bova "allo spacciatore, al compratore, ma quando te li trovi di fronte ti rendi conto che è una realtà completamente diversa. La cosa che ti fa riflettere, su cui ti soffermi ancora di più è proprio il fatto che tutto ciò è una normalità, sta diventando una consuetudine quella di sballarsi. E’ soltanto colpa dei ragazzi che comunque sono dei ‘testa vuota’ che non sanno dove andare e cosa fare oppure c’è anche una responsabilità nostra? Come genitori siamo sicuri di dare delle alternative, i giusti esempi, gli stimoli adeguati? Forse non si propone niente di meglio e quindi forse un po’ di responsabilità ce l’abbiamo tutti”.
Continua Chiara Giordano: “La cosa che mi ha impressionata è vedere per la prima volta effettivamente le droghe anche come sono fatte, come sono ‘confezionate’, dove si possono nascondere, come si presentano, perché oggi forse le madri non sanno nemmeno cosa e dove cercare… In poche parole, credo che "Sbirri" parli da sé, ti faccia capire una serie di cose, ti porti ad un pensiero critico senza banali e melense frasi di condanna, tipo ‘drogarsi è sbagliato’; vale più di mille parole vedere, tra l’altro, dei ragazzi che durante un fermo, un arresto, vengono decisamente messi in difficoltà e soprattutto messi davanti a loro stessi”.
Mi piacerebbe che la gente si svegliasse un po’, che i genitori si accorgessero veramente della realtà in cui vivono i figli. Non ci si può sempre sbalordire di fatti di cronaca pensando siano degli episodi ai margini di alcune realtà, non si può cascare dalle nuvole quando si sente che un ragazzino di 10 anni già fuma marijuana o assume cocaina. Purtroppo è così… Noi ce ne siamo accorti girando "Sbirri": questa è la realtà di oggi”.