IO SONO TONY SCOTT, l'intervista a Franco Maresco
Se c'è una cosa che in
Italia ci riesce particolarmente bene, questa è misconoscere il valore dei talenti di casa nostra. Dalla letteratura al cinema, passando per la musica, il nostro Paese non è mai stato clemente nei confronti dei suoi figli più dotati e in questo senso, la parabola artistica ed esistenziale di
Tony Scott – all'anagrafe
Anthony Joseph Sciacca, nativo del New Jersey ma di origini siciliane – è tragicamente paradigmatica.
Clarinettista jazz fra i più virtuosi al mondo, dopo aver condiviso il palco con mostri sacri come Charlie Parker, Duke Ellington e Billie Holiday, aver “inventato” la World Music ed essere stato addirittura torturato durante un soggiorno in Indonesia perché sospettato di essere una spia della CIA, decise di stabilirsi in
Italia a fine anni Settanta. Una scelta che, suo malgrado, sancì il suo declino.
A raccontare la sua straordinaria quanto sconosciuta storia ci ha pensato il bel documentario di
Franco Maresco "
Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz", un lavoro pregevole e accurato in cui il regista siciliano, reduce dal divorzio da
Daniele Ciprì, ripercorre le tappe di una vita dedicata alla musica, ma scivolata inesorabilmente nell'oblio collettivo.
Maresco, cosa l'ha affascinata di più nella figura di Tony Scott?
All'inizio la sua musica, questo talento fuori dal comune, straripante. Col senno di poi, entrando a mano a mano in questa storia incredibile, è stata la sua personalità a rapirmi: ma non tanto i suoi lati più estremi (la schizofrenia, la paranoia, il carattere umorale), quanto piuttosto la sua integrità di artista, il suo senso di libertà. Scott non scese mai a compromessi per inseguire il successo, pagando un prezzo altissimo per questa scelta, ma è proprio questo a renderlo così interessante ai miei occhi.
Come ha incontrato Scott e, soprattutto, lui come prese l'idea di un film sulla propria vita?
Ho conosciuto Tony intervistandolo per un progetto più ampio, un film sui siculo-americani cui mi dedicavo da tempo e che è poi naufragato per problemi legati ai finanziamenti e che ci ha costretto a indirizzarci verso progetti più immediati. Poi nel 2007, quando Tony è morto e poco prima che io e Ciprì ci separassimo, ho pensato di tornare su quei materiali e sull'intervista fatta per quel film, e solo in quel momento è partito tutto.
Il documentario è composto da una mole impressionante di filmati d'epoca e testimonianze dirette. Quanto tempo ha richiesto reperire tutti questi materiali?
Un'eternità, ci sono voluti anni. Come ha osservato il mio amico
Angelo Guglielmi, questo è un film che non finisce mai e, in un certo senso, non è mai finito. Potrei dire che è stato un po' il mio “Cancelli del cielo”, considerando anche tutti i problemi che stiamo avendo con la distribuzione della pellicola, che per ora non può andare in sala a causa di difficoltà legate alla società di produzione. Ciò nonostante, se questo film può servire a far conoscere Tony, ne sarà valsa la pena.
"Io sono Tony Scott" ripercorre sessant'anni di storia del jazz, ma non solo. Questo ha comportato la necessità di tagliare ore e ore di girato. C'è qualche speranza di vederle, magari come contenuti speciali di un futuro dvd?
Mi auguro di sì, ma soprattutto spero di essere ancora vivo (ride ndr)! Scherzi a parte, mi piacerebbe poter riscattare questi materiali, e sicuramente l'intenzione c'è, magari realizzando piccoli documentari che ripercorrano in modo più ampio e approndito i diversi filoni del film.
02/07/2011, 10:00
Lucilla Chiodi