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CESARE DEVE MORIRE - Dopo Berlino, da venerdì in sala in 40 copie


L'Orso d'Oro 2012 esce in Italia. Un film che fa riflettere sul nostro cinema e sulla situazione umana dei reclusi. Un grande gruppo di attori che hanno trovato nella recitazione una chiave per uscire, anche se non materialmente, dalla propria cella. Ma anche il contrario. "Da quando ho scoperto l'arte" dice alla fine del film uno degli interpreti "questa cella è diventata una prigione". La presa d'atto che un mondo non criminale sia possibile, e il rimorso di non averlo saputo prima.


CESARE DEVE MORIRE - Dopo Berlino, da venerdì in sala in 40 copie
E' un film che fa riflettere quello di Paolo e Vittorio Taviani. E forse per questo prima che Nanni Moretti lo vide e decise di portarlo in sala, molti altri distributori dissero no. Ma erano altri tempi, era l'autunno scorso e l'Italia era diversa, collassata sotto il peso storico di Drive in e intontita da un anno di commedie di successo. Ora sarebbe diverso. Dopo l'Orso d'Oro a Berlino, dice Paolo Taviani, un signore mi ha chiamato e ha detto di aver appeso il tricolore alla finestra, con orgoglio.

L'aria forse sta cambiando e un film come "Cesare deve Morire", avrà anche il successo di pubblico che merita. Ne abbiamo già parlato al momento della presentazione a Berlino, ma adesso, con l'uscita il 2 marzo, crediamo sia indispensabile valorizzare quest'opera coraggiosa e di qualità, realizzata da chi, grazie a una luminosa carriera, non ha nulla da perdere o da chiedere, aiutato da un'idea interessante e da un gruppo di interpreti di grande maturità.

Quasi tutti reclusi nel carcere di Rebibbia, favoriti dall'attività teatrale di recupero diretta dal regista Fabio Cavalli, gli attori riescono a interpretare il "Giulio Cesare" di William Shakespeare con un impatto che, in una normale compagnia di professionisti, solo il protagonista di nome riesce di solito a dare. Ma infamie, potere, tradimenti e omicidi sono nel collettivo inconscio di un carcere, e dunque gli interpreti riescono a mescolare la propria esperienza personale con il testo e la storia, usando il proprio dialetto d'origine per rendere tutto molto realistico e appassionante.

Paolo e Vittorio Taviani fondono con grande maestria e ritmo storia, dramma e realtà e danno agli interpreti il meritato valore, mettendo in scena, insieme a Fabio Cavalli, un "Giulio Cesare" ricco e personale, che pochi sarebbero oggi in grado di proporre.

29/02/2012, 14:57

Stefano Amadio