GIOVANNI CIONI - "Temoins Lisbonne è un quaderno degli appunti"
Il tuo "Temoins Lisbonne" ha la forma della “passeggiata”, non è un film tradizionale con una drammaturgia classica e una struttura costruita a tavolino ma nasce da un tuo viaggio a Lisbona che hai filmato con la video camera...
Giovanni Cioni: "Temois Lisbonne" nasce in parallelo con il mio film "Nous Autres", girato in Belgio, e con "In Purgatorio" che invece era in scrittura a Napoli. Il vantaggio di questo film girato a Lisbona è che è un opera senza alcuna produzione, è una sorta di quaderno di appunti che io ho cominciato a margine di un laboratorio che stavo seguendo con Marta Wengorovius. In quel momento stavo scrivendo molto sul rapporto tra cinema e città, nel senso in cui una città può essere vista come un’infinità di storie e di connessioni possibili, come una specie di grande spartito di tutte le storie e dei personaggi che tu potresti immaginare di raccontare. Un po’ sulla falsa riga delle "Città Invisibili" di Calvino, vedevo la struttura della città come un accumulo di finzione e di elementi presi dal reale. Una topografia cinematografica. Per me Lisbona è sempre stata una seconda città e perciò queste immagini girate in maniera così indipendente per me sono molto importanti. Nel frattempo erano cominciati i sopralluoghi per "In Purgatorio" e l’atteggiamento di scoperta e di indagine quasi noir su una città è ben presente in alcuni passaggi anche in Napoli. Entra nella storia anche il fatto che io stessi per diventare padre, c’è quindi anche tutta una riflessione sul senso stesso della mia vita e del mio percorso personale e familiare.
Sembra che il tuo film nasca quasi in maniera “biologica”, un accumulo di riprese, suoni, piani sequenza e riprese a spalla su vedute e luoghi di Lisbona. Puoi raccontare come hai lavorato su questo materiale non certo regolato da una “sceneggiatura di ferro”?
Giovanni Cioni: Il metodo di lavoro è molto semplice: andavo alla ricerca del film che avrei fatto ma di cui non sapevo la storia che sarebbe nata facendolo; frequentavo tutti i giorni dei luoghi di passaggio, come la Stazione di Rossio che è una delle stazioni principali della città, il molo del traghetto che attraversa il fiume Tejo, un mercato che io chiamavo “Il mercato di esistenze usate” che si chiama Feira da Ladra. Andavo in questi luoghi e stavo ad osservare e a filmare la vita che scorreva, lasciandomi andare alle sensazioni della città, come uno spettatore di un film. E come lo spettatore del film immaginavo le storie che ci potevano essere dietro quello che vedevo. Non è un film di osservazione, ma un film sulle finzioni che ti immagini dall'osservazione. Non mi nascondevo, avevo una piccola camera mini dv tascabile, una camera amatoriale.
Nella Feira da Ladra c’erano anche dei gruppi di uomini che vendevano armi e lì in quella situazione non sono voluto entrare, perché non ero interessato alla documentazione di un evento di cronaca o a fare uno scoop giornalistico.
Chi è questo misterioso “Assassino Invisibile” che citi molte volte in Temoins? E’ un personaggio reale o è frutto della tua vulcanica fantasia di autore “post – documentario”?
Giovanni Cioni: In quel periodo c'era un fatto di cronaca, un uomo che uccideva sui treni di notte e che era stato ritrovato a Lisbona, dopo una fuga attraverso mezza Europa. Si era nascosto, era invisibile, e io facevo un'analogia tra il fatto che quando filmi diventi quasi invisibile, non perchè ti nascondi, ma perchè non sei lì dove stai filmando. Dunque l'assassino che si nascondeva in questi stessi luoghi che io filmavo potevo essere io che stavo filmando. Poi c'erano queste scritte sui muri che filmavo, che si rivolgevano ad un certo Micas, un ragazzo che sembrava scomparso, ed io mi dicevo che forse anche lui si nascondeva nella folla della stazione, forse Micas era uno di quei ragazzini che avevo ripreso. Insomma lavoravo su delle proiezioni, delle finzioni, che apparivano in quello che stavo filmando. Alla fine colui che filma ( io stesso ) diventa una specie di personaggio di finzione, parlo alla terza persona, anche il futuro padre di cui parlo, che poi sono io, lo descrivo sempre alla terza persona.
Parliamo ora dei testi che tu metti spesso all’interno del montaggio cinematografico. Cosa rappresentano per te e come nascono?
Giovanni Cioni: In questi testi, come del resto quelli di "In Purgatorio", ci sono degli appunti di miei diari e di frammenti di storie che mi vengono in mente quando sono a giro per le città. Molti sono testi miei, ispirati a dei fatti di cronaca che mi aprono verso nuovi labirinti di narrazione. Trovo che mescolare questi vari livelli, riveli in fondo che le finzioni, quello che vivi e quello che immagini siano sullo stesso piano. Lega i vari elementi l’Immaginario che è comunque sempre più forte della semplice ripresa del reale. In quel periodo filmavo ed avevo poi un piccolo quaderno dove prendevo appunti su ogni cosa che vedevo.
"Temoins Lisbonne" non è un documentario, né un film a soggetto, né un film di video arte. Tu come lo definiresti?
Giovanni Cioni: E’ un film. E’ cinema nel senso in cui ci sono dentro tante storie in filigrana che vanno comprese e lette anche in una seconda o terza visione dell’opera. Mi affascina molto Hitchcock, nel quale per esempio il fuori campo assume una valenza più pregnante che la storia stessa. In qualche modo quindi "Temoins Lisbonne" può essere considerato un giallo, a suo modo un film di genere.
Se dovessi rigirare oggi "Temoins Lisbonne" ma la produzione ti obbligasse ad usare l’Alta Definizione come reagiresti? Cambierebbe la tua idea di regia e il tuo atteggiamento di flaneur metropolitano digitale?
Giovanni Cioni: Le cose cambiano, la tecnologia si evolve, io svilupperei comunque un atteggiamento di racconto diverso ma sempre con le stesse tematiche sull’immaginario. Il mezzo è secondario, per me conta il mio modo di vedere la realtà e dunque l’alta definizione potrebbe essere sicuramente una sfida di linguaggio ulteriore. Ben venga il nuovo.
07/03/2014, 10:34
Duccio Ricciardelli