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NANNI MORETTI - Legge il suo Caro Diario


Al Bif&st il regista ha sparigliato la struttura della masterclass: poche risposte a domande dirette ma tanto spazio ad un reading personalissimo


NANNI MORETTI - Legge il suo Caro Diario
Nanni Moretti a bari
Quando Nanni Moretti incontra il pubblico è sempre un evento. A renderlo tale la sua proverbiale ritrosia. Che poi c’è e non c’è. Quello che non piace all’autore è svelare i perché, le intenzioni dietro alla sua arte, per questo non gradisce le domande. Specie sui progetti ancora in lavorazione o inediti. Ma va detto che il personaggio Moretti è onesto intellettualmente: questo è uno schema che segue da sempre.

Nessuna novità né in senso peggiorativo, né migliorativo. Stupisce quindi che ci si stupisca, soprattutto tra giornalisti, se in una masterclass come quella che ha tenuto al Petruzzelli per il Bif&st non vengano fuori notizie su Mia madre, suo nuovo film in uscita il 16 aprile nelle sale. Così come sbalordisce vedere gli addetti ai lavori attoniti perché Moretti non dà spazio alle domande dalla platea.

Tutto già visto. Certo, per gli inviati era essenziale avere un appiglio con l’attualità, con il film ancora da vedere, ma specie per le testate specializzate gli argomenti non sono mancati. Dovrebbe essere il cinema il perno di una lezione di cinema tenuta da un cineasta. Il resto fa solo da corollario. A differenza delle altre 7 masterclass tenute dagli autori voluti quest’anno da Laudadio (Parker, Annaud, Costa-Gavras, Scola, Wajda, Reitz, von Trotta) Nanni Moretti fa della sua lezione uno spettacolo. Per oltre mezzora si concede letteralmente e sinceramente alla platea leggendo gli appunti presi in modo disomogeneo e istintivo mentre girava Caro Diario, film proiettato dal Bif&st poco prima sempre al Petruzzelli. Un reading affascinante, la parte migliore della masterclass che poi si arena nel colloquio con il critico Jean Gili per la scarsa attitudine alla risposta di Moretti. In quelle pagine c’è tutto: la paura di non essere all’altezza come autore, gli imprevisti sul set con un finale da rigirare perché tutto fuori fuoco, la malattia di Antonio Neiwiller che imporrà di riscrivere una scena, le musiche di Wim Mertens che non vanno bene e vengono rifatte da capo, in fretta ma benissimo da Nicola Piovani.

Sullo sfondo l’ammirazione per Edgar Reitz di cui il Moretti esercente propone al pubblico la mastodontica opera Heimat 2, un capitolo ogni settimana per 13 settimane. Il regista del Nuovo Sacher mette su carta ogni pensiero, anche quelli meno legati alla lavorazione del film, ma che attraversano la sua mente in quel periodo. Come l’idea di aumentare i prezzi delle bomboniere nel suo cinema, e i ricordi della camera ardente di Fellini quando dando l’estremo saluto al maestro pensò che quella bara, dentro allo Studio 5 di Cinecittà, fosse troppo piccola per il grande Federico. Fino al mantra Nun te ‘nventà niente! che gli gridava l’allenatore di pallanuoto e che ha svelato di avere sempre in testa quando si scervellava per risolvere una scena in quell’inizio degli anni 90.

31/03/2015, 16:19

Valentina Neri