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ALEX INFASCELLI - Con Emilio per conoscere Stanley


Dopo il David di Donatello come Miglior Documentario, "S is for Stanley" arriva nei cinema solo il 30 maggio distribuito da Feltrinelli Real Cinema e Wanted. Conoscere il grande regista attraverso le parole del suo autista e segretario fac-totum. Un progetto nato per caso al festival di Roma e presentato due anni dopo proprio nella stessa sede. INTERVISTA


ALEX INFASCELLI - Con Emilio per conoscere Stanley
Alex Infascelli
Alex Infascelli riesce ad unire idealmente la maestosa proprietà di Childwickbury Manor dove ha abitato Stanley Kubrick dal ’78 fino alla sua morte e una villetta di Cassino, dove invece vive Emilio D’Alessandro, ex pilota di macchine da corsa e tuttofare del regista di "Arancia Meccanica". Ci riesce raccontando la storia di un’amicizia, durata trent’anni, tra due persone apparentemente opposte che hanno trovato però lontano da casa il proprio compagno di viaggio ideale.

Quando hai scoperto Emilio D’Alessandro?

"Tutto parte dalla lettura del libro Stanley Kubrick e me di Filippo Ulivieri, che racconta la storia da un punto di vista personale, soggettivo con un’esplosione dei pensieri di Emilio di questo tempo vissuto accanto a Kubrick. L’idea è venuta dal desiderio personale di immaginare cosa poteva essere mettere quelle testimonianze, quegli aneddoti in una forma filmica che riporta la storia vicino ai protagonisti. In particolare è nato tre anni fa al Festival del Cinema di Roma, in cui ero stato presentato a Emilio come un regista e uno che era con noi aveva proposto di realizzare un film su questa storia. Emilio guardandomi mi dice “Ma scusa tu non sei regista? Allora fallo te!”

Come è stato confrontarsi per la prima volta con il genere documentaristico?

"È stato molto importante, quasi una dimensione del ritorno, un evento verginale perché non avendo mai fatto una cosa simile, ho dovuto, mentre lo facevo, imparare a farlo. Dall’altro lato mi ha permesso di farlo in un modo nuovo, ma non sono io che posso dirlo. Sicuramente mi ha tolto tutte le sicurezze che avevo rispetto alle cose che pensavo di saper fare, portandomi in un terreno sconosciuto che mi ha permesso di sentirmi vivo e di nuovo in gioco. È curioso che, dopo 12 anni dal mio ultimo film torno in sala con un documentario".

Prima di "S is for Stanley" quanto era presente Kubrick nella tua vita?

"Non ho mai avuto un ossessione per Kubrick come regista, ho avuto una passione perché ho sempre riconosciuto l’incredibile forza cangiante dei suoi film. I suoi film sembrano diversi ogni volta che li vediamo, come se fossero vivi. Però non andavo in giro a dire che era il mio regista preferito, anzi mi capita di citare Lynch come punto fonte d’ispirazione.
Invece Stanley era molto presente nella mia vita, la sua faccia, le sue smorfie, vedere come cambiava, non so perché mi sembrava una persona con cui avevo un incrocio karmico, in cui riconoscevo, a livello fisionomico, qualcosa di familiare".

Il rischio di fare un film su un mostro del cinema come Kubrick è passare per fan sfegatato, cosa che hai appena smentito. Ma ti sei mai confrontato con questo possibile limite?

"In effetti le prime settimane mi sono accorto che avevo un approccio eccessivamente permissivo, avevo paura di entrare nel tempio. Poi ho capito che l’unico modo era entrarci e farlo mio, prendere possesso di questa storia, ingurgitarla con il mio DNA dentro sennò sarebbe stata una cosa asettica e magari avrei fatto del male a me, Kubrick ed Emilio".

La lezione più sorprendente che hai appreso dalla storia di Emilio e Kubrick?
"Quello che ho riscoperto grazie a questo film è l’importanza dell’amicizia tra uomini che può includere il rapporto padre-figlio, di persone dello stesso genere che condividono delle sensazioni, dei punti di vista, cosa che non comprende il rapporto eterogenee che ci porta invece a confrontarci con qualcosa di diverso. Tornare a questa classica amicizia tra uomini basata su piccole e semplici modalità come il lavoro, fare le cose, fare da capo famiglia mi ha fatto scoprire in modo personale, data la perdita di mio padre a 10 anni quanto ho perso nella mia vita non avendo avuto un padre, ma quanto dall’altra parte un padre si può trovare in un’altra persona, si può scegliere".

Ti sei immaginato nei panni di Emilio? Di quale regista vorresti essere un tuttofare?

"Io non sarei in grado di essere Emilio perché non ho la semplicità di Emilio, mi sento più vicino a Stanley perché ho più fragilità legate alla parte creativa, non sarei mai in grado di essere quella persona granitica che è Emilio. Questa è la risposta più sincera che posso darti".

29/05/2016, 08:58

Marta Leggio