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LA PELLE DELL'ORSO - Intervista a Marco Segato


LA PELLE DELL'ORSO - Intervista a Marco Segato
Marco Segato
Marco Segato ha esordito da regista nel lungometraggio di finzione con "La Pelle dell'Orso", in uscita in Italia il prossimo 3 novembre: lo abbiamo incontrato prima della proiezione torinese al cinema Greenwich Village, tappa del tour promozionale che accompagnerà il film in sala.

Quando e perché hai scelto il libro omonimo di Matteo Righetto come base per il tuo esordio?

È successo tutto quasi tre anni fa, quando è uscito il libro, un po' per caso: ho incontrato l'autore in stazione, avevamo studiato cinema insieme a Padova, e mi ha raccontato del testo. L'ho comprato e nelle tre ore di viaggio in treno l'ho letto tutto, mi ha preso completamente. Il giorno dopo l'ho fatto leggere al produttore, che ha vissuto la mia stessa esperienza, e in pochi giorni ci stavamo già lavorando su.
Quello che mi ha colpito è il rapporto padre-figlio in relazione alla natura, alla montagna. Queste due solitudini che si incontrano all'interno di un meccanismo che è un po' quello del film di genere, quasi western, molto più vicino alla sensibilità del cinema statunitense che al nostro. L'ultimo che riesce a farcela, il debole che ottiene il riscatto, anche in letteratura è un tema che mi ha sempre affascinato (penso a Jack London, o a Faulkner): sono i libri che mi hanno più ispirato, e anche se non li ritengo tra i più belli mai letti sicuramente sono stati i più importanti.

È stata una sfida anche produttiva.

Sicuramente, non è una strada molto percorsa in Italia e proprio per questo si rischia diventi punitiva, i grandi distributori scelgono prodotti più consolidati, più 'normali'.
Il nostro film non è per pochi, non è d'autore, anzi la sfida era proprio quella di fare un cinema che potesse essere vicino al pubblico mantenendo una qualità elevata, trovando una terza via produttiva.
C'è stata anche una dose di inconsapevolezza che ci ha fatto fare alcune scelte, è solo il terzo film di Jole! I costi sono stati ottimizzati, tutti coloro che ci hanno lavorato sono stati scelti uno per uno e hanno aderito al progetto in maniera particolare.

Hai voluto sul set un vero orso.

Vengo dal cinema documentario, so che la verità è importante. Un orso vero dava credibilità alla storia, e poi gli effetti speciali in Italia oggi non sono all'altezza: in "Revenant" o "Vita di Pi" sono incredibili, ma il nostro budget totale è inferiore alla sola scena dell'orso di Inarritu!
E poi là si capiva che era un effetto: anche se la spettacolarità mi piace preferisco la realtà.
Anche se la situazione sul nostro set era controllata, vedere l'orso in scena, vederlo alzarsi sulle zampe e puntarti ti fa rabbrividire, è davvero un animale speciale in questo senso.

Come hai scelto il cast?

Paolini l'ho immaginato già mentre leggevo il libro. Sarà che in quel periodo seguivo la sua tournée di Jack London, sarà che ci piaceva l'idea di fare un western... ma l'ho immaginato da subito come attore e come complice di tutto il progetto, avevamo la stessa empatia.
Mi piaceva la sfida di affidargli per la prima volta un ruolo da protagonista, utile anche per portare il pubblico in sala. I suoi spettatori si emozionano quando lo vedono al cinema, lo vedono completamente diverso da come è a teatro: volevamo questo anche ne "La Pelle dell'Orso", dovevano vederlo diverso dal solito. E allora abbiamo asciugato la sua parte, togliendogli quasi tutte le battute, dando a lui lo stimolo di provare qualcosa di diverso.
Per il cast poi mi ha aiutato Marina Zangirolami, la vedova di Carlo Mazzacurati cui il film è dedicato. Tante persone nel film, dietro e davanti la macchina da presa, vengono dal suo cinema e li ho incontrati sul set de "La Giusta Distanza". È stato facile creare questo immaginario, a cui si è aggiunta la non-veneta Lucia Mascino, che mi piace perché riesce a esprimere emozione e calore anche mantenendo una certa rigidità.

28/10/2016, 21:52

Carlo Griseri