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Michele Diomà: "Il cinema italiano statale
ha accettato di esistere sotto censura"


Riceviamo e pubblichiamo


Michele Diomà:
Il cinema italiano statale ha accettato di esistere sotto censura? Questa è la domanda che Michele Diomà regista di Sweet Democracy, dichiara essere stata la fonte d’ispirazione per il suo film.

Nel cast di Sweet Democracy la prestigiosa partecipazione di Dario Fo, uno degli ultimi progetti dell'attore e drammaturgo premio Nobel e la co-produzione di Donald Ranvaud, candidato agli Oscar per City of God.
Nel cast oltre anche Renato Scarpa, che ricordiamo ne Il Postino accanto a Massimo Troisi e nel più recente Habemus Papam di Nanni Moretti.

Racconta il regista Michele Diomà: “Molti sostengono che il cinema italiano stia vivendo una felice primavera. Giudizio che io rispetto, ma che non posso condividere, se andiamo ad analizzare le sorti della satira cinematografica politico-sociologica. Mi riferisco stilisticamente a quella di alcuni capolavori di Pietro Germi, di Nanni Loy o dello stesso Federico Fellini. La ragione? Credo che sia un effetto collaterale della statalizzazione del cinema Made in Italy. Non è casuale che la satira resti il genere più temuto dalla produzione istituzionale. Inoltre non è causale che attualmente non ci sia nessun film nelle sale o altrove che proponga un cinema pronto a prendere in giro il potere politico. Tutto questo puzza di censura. Ritengo che senza satira, la cinematografia italiana rischi di diventare claudicante, perché come sappiamo la storia del cinema è stata segnata da grandi capolavori che possono rientrare in questo genere, primo fra tutti "Il grande dittatore" di Charlie Chaplin. Per questa ragione io ho interpretato nel mio film un Presidente del consiglio immaginario. Ho potuto farlo in quanto sono un regista libero e che non vuole beneficiare di finanziamenti pubblici. In questa mission sono stato sostenuto dal grande Dario Fo, ma cosa sarebbe accaduto se avessi provato a realizzare una simile opera con quattrini statali? Oggi un film come Sweet Democracy non esisterebbe! Perché il cinema italiano statale ha ormai accettato di esistere sotto censura, ecco perché attualmente sarebbe impossibile realizzare anche un film come "Il caso Mattei" di Francesco Rosi, in quanto si possono raccontare soltanto storie che non indagano sulle dinamiche del potere. Io vado in un'altra direzione".

09/12/2016, 10:54