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RAZVAN RADULESCU - "La New Wave del cinema rumeno"


Intervista allo scrittore, regista e sceneggiatore: suo, tra gli altri, "Il caso Kerenes"


RAZVAN RADULESCU -
Razvan Radulescu
Lo scrittore e sceneggiatore rumeno Razvan Radulescu, noto in Italia principalmente per lo script de "Il Caso Kerenes", Orso d'Oro a Berlino nel 2013, è da qualche anno a Torino per collaborare con il TorinoFilmLab (e, più recentemente, anche con la Scuola Holden). Lo abbiamo incontrato per un'intervista.

Iniziamo proprio da "Il Caso Kerenes", proiettato a Torino in questi giorni dall'Associazione Museo Nazionale del Cinema: come è nato quel copione?

Sono sempre stranito nel sentire il titolo italiano, solo qui si chiama "Il Caso Kerenes", mi sembra un caso del commissario Cattani, quello de "La Piovra", una storia di mafia o altro!
Il titolo originale è "Child's Pose", la "posizione del bambino", l'ho scritto nel 2011. Si riferisce alla posizione fetale tipica dello yoga, che si usa per trovare la concentrazione, ma anche al ruolo dei "bambini" nella storia.
Călin Netzer, il regista, voleva inizialmente fare con me un film tratto da "Oblomov", ma ho detto di no, io non lavoro così, preferisco scrivere storie più stringenti per il regista, qualcosa di vicino alla sua esperienza su cui poi lavorare inventando un racconto.
C'è un tocco autobiografico che lo riguarda, qualche tempo fa ebbe un incidente d'auto, come avviene nel film: stava guidando e uccise qualcuno, non per colpa sua, fu solo sfortuna, vennero fatti tutti i rilevamenti e dopo un giorno tornò a casa. Ma lui evidentemente si sentiva colpevole, aveva pur sempre ucciso qualcuno, per di più un bambino, che attraversò la strada improvvisamente. Una cosa che può succedere a tutti.
Anche se la polizia lo discolpò, lui continuò a sentirsi colpevole, non è facile superare cose così. Abbiamo deciso di partire da questo fatto, anche se non volevo mettere il senso di colpa al centro del racconto, è una cosa troppo personale. Ho provato a dare un valore sociale a quel dolore, puntando sui genitori: come ci si sente a sapere che tuo figlio ha ucciso il figlio di qualcun'altro?
Per me la posizione più interessante drammaturgicamente era la loro, per loro l'importante è che il figlio sia uscito incolume da quell'incidente. Ma cosa succede se questo figlio non è completamente senza colpe? Potrebbe andare in prigione. E se lo potessimo salvare, perché abbiamo una buona posizione sociale ed economica?
Anche io ho una figlia, un giorno mi hanno chiesto se volessi un'assicurazione sui danni che poteva fare a terzi: era una cosa a cui non avevo mai pensato, ha cambiato la mia prospettiva. Avrebbe potuto rompere qualcosa andando a sbattere con la bicicletta, o peggio. Mi ha fatto molto riflettere, così è iniziata la storia.
Sono questi i molti sensi del titolo "la posizione del bambino", dai vari punti di vista dei diversi personaggi.

Lavori sempre in questo modo per le tue sceneggiature?

Sì. Lavoro solo con registi che ritengo miei amici. che lo sono o con cui ho affinità, altrimenti non riesco proprio a farlo. Dobbiamo passare del tempo insieme per scrivere la sceneggiatura, se vogliamo lavorare insieme ci vuole un sentimento profondo.

La cosiddetta "new wave" del cinema rumeno è una delle più belle realtà degli ultimi anni: come è nata?

Abbiamo più o meno tutti la stessa età, siamo della stessa generazione (anno più anno meno). Abbiamo finito l'università nello stesso periodo, e iniziato a lavorare più o meno contemporaneamente.
Siamo cresciuti negli ultimi anni del regime comunista e per questo abbiamo avuto gli stessi riferimenti nella nostra crescita: anche se eravamo in città diverse, avevamo tutti le stesse cose (stessi trasporti, cibo, un burro solo, un solo vino...).
Da ragazzi abbiamo vissuto la rivoluzione, affrontandola nello stesso modo. Poi abbiamo visto nascere la nuova società rumena, avevamo le stesse speranze che poi si sono rivelate le stesse delusioni.
Il cinema in Romania in tutto questo è rimasto sempre uguale, non cambiava nulla. Abbiamo quindi deciso di fare qualcosa: così nasce la new wave, da una congiuntura complessa che ci ha dato le stesse basi e le stesse necessità.
Nessun teorema politico alla base, è stata più una negazione della medesima realtà. Non ci sono state volontà affermative ma la voglia di dire un grosso "NO" alle stesse cose, una protesta contro l'establishment.
Ora sono le storie raccontate a essere cambiate. Nei primi anni '90 non ci riconoscevamo nelle storie che vedevamo, non parlavano di cose che ci interessavano, per nulla. Abbiamo deciso di parlare da soli, dal rifiuto di ciò che vedevamo sullo schermo.
Il primo film che ho scritto, per Cristi Puiu, era su un ragazzo che cerca di avviare un business privato e per farlo si compromette con la mafia locale trasportando per loro una valigia "misteriosa". Cosa c'è dentro? Non è importante saperlo: il compromesso rimane tale che ci sia 1 euro, o 100, o un miliardo. Tutti abbiamo il nostro prezzo.

Sei anche uno scrittore affermato: come scegli le storie che restano su carta e quello per lo schermo? Non hai mai avuto la tentazione di 'mischiare' le cose?

No, non ho mai scritto un libro pensando che volevo diventasse un film, o viceversa.
Sono due cose diverse, due approcci profondamente diversi, due linguaggi lontani tra loro. Il tempo e lo spazio cambiano: quando guardi un film la maggior parte del tempo hai chiaro di fronte a te ciò che vedi e ciò che senti, in un libro immagini nella tua mente le cose.

Sei anche stato regista una volta, nel 2009, per "Felicia, înainte de toate". Pensi di tornare a farlo?

Sì, sto lavorando ora al mio secondo film. Devo ammettere che mi trovo più a mio agio nello scrivere che nel dirigere, quando scrivo sono libero di farlo dove e come voglio.
Dirigendo un film non puoi fare ciò che vuoi, ma devi pianificare tutto, trovare i soldi, trovare la troupe, relazionarti coi produttori e poi andare sul set. Quest'ultimo aspetto mi piace, è la parte prima che non amo!
Il mio nuovo film è su una donna, come il primo. Non so perché, ma quando scrivo per me stesso è così, ho sempre come protagoniste figure di donne significative. Sono progetti più personali, e nella mia vita ho avuto accanto figure femminili molto importanti: mia nonna è morta a 95 anni, mia madre oggi ne ha 90 ed è ancora in forze. Le donne della mia vita sono sempre state combattive e incredibili, sono sopravvissute ai loro uomini, hanno sempre dovuto lottare più degli uomini per avere le stesse cose, hanno vinto sui loro partner!
Non sono interessato alle questioni politiche del femminismo, ma è indubbio che per gli uomini sia tutto più facile.

Da qualche anno lavori anche in Italia, in particolare con il TorinoFilmLab.

Vero. Ho conosciuto 6 anni fa Alberto Barbera ad un festival, mi ha proposto di tenere un workshop qui a Torino. Ho poi incontrato Savina Neirotti, che gestisce il Lab, ed è tutto iniziato così: credo che il TFL sia una realtà incredibile, ci sono molti enti in Europa che ricevono fondi per sostenere le produzioni, ma nessuno lavora così bene.
L'ambiente è fantastico e molto collaborativo, è una realtà non grandissima ma in dieci anni ha prodotto moltissimi film premiati in tutto il mondo.
Sono stato tutor in diverse sezioni del programma, ora lavoro nella fase Script&Pitch. Non ho mai pensato che la tecnica sia fondamentale per fare un buon film, lo fanno le persone e i legami tra loro, e qui si lavora anche molto in quella direzione.

17/12/2016, 13:47

Carlo Griseri