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Note di regia di "Nessuno ci può Giudicare"


Note di regia di
I film musicali italiani hanno ripercorso un periodo fondamentale in cui l'Italia è cambiata in modo radicale e in tempi inimmaginabili anche solo un decennio prima. Quando Celentano e Mina iniziano a fare con Lucio Fulci e Piero Vivarelli i film rock, l'Italia crede di essere ancora un paese agricolo e tradizionale ma sta diventando rapidamente un paese moderno e industriale. Siamo a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta. L'unica voce ufficiale che si accorge di quanto sta avvenendo è Pier Paolo Pasolini, ma è considerato dalla cultura ufficiale un pazzo visionario. Invece, come sappiamo, era l'unico ad avere le idee chiare. Si parva licet, potremmo dire che anche gli urlatori rock avevano le idee chiare, a modo loro. La loro musica è per la prima volta nel paese della melodia un qualcosa che non è dedicato a tutta la famiglia ma solo ai giovani. E i giovani per la prima volta nella società italiana sono soggetti consumatori autonomi: grazie al (o per colpa del) boom economico, hanno un reddito loro, possono avere consumi, usanze e culture proprie. Non era mai accaduto prima, dicevamo. È una svolta epocale che al tempo stesso ha il segno del consumismo e dell'omologazione (come diceva per l'appunto Pasolini) ma anche i germi del dissenso e della rivolta. Una rivolta che prima è solo generazionale, ma che con il passare degli anni diventerà anche politica e sociale. Non è fantascienza dire che i ragazzi che da adolescenti impazzivano per il rock di Celentano e poi per il beat di Caterina Caselli, di Rita Pavone e dei Rokes diventeranno poi i protagonisti del '68 e della rivolta giovanile, una rivolta che prima di essere politica (come diventerà) è soprattutto culturale e generazionale.
Con Nessuno ci può giudicare si voleva raccontare proprio quello. Sapevamo di avere alle spalle l'Istituto Luce, dunque il più grande archivio di immagini del XX secolo. Abbiamo avuto, grazie alla disponibilità della Titanus, molte sequenze di quei film che hanno fatto sognare una generazione. Abbiamo poi incontrato sul nostro cammino un archivio privato, i Superottimisti, che ci hanno fornito le immagini a colori di quel periodo. Insomma, abbiamo messo insieme conoscenze, risorse, intelligenze. È stato anche fondamentale l'incontro tra un ragazzo dell'epoca (chi vi scrive) e una giovane montatrice, Chiara Ronchini, cui si deve per intero il ritmo incalzante del racconto. Così come è stata fondamentale la complicità di un altro ragazzo di quel periodo, Massimo Scarafoni, che ha accettato di chiacchierare con leggerezza ma anche con competenza del periodo. La struttura del Luce, innanzitutto Maura Cosenza, ha mostrato disponibilità, professionalità e ancora una volta intelligenza. Non era facile raccontare una generazione che vive in bianco e nero (come dice Shel Shapiro) ma che sogna a colori: i colori delle copertine dei 45 giri e delle locandine dei musicarelli, ma anche quelli pop della Swinging London. Non era semplice spiegare che è attraverso quella musica che la cultura di massa italiana ha scoperto il viaggio, prima immaginato e poi anche realizzato, ha incontrato persone che parlavano altre lingue e ha perfino imparato le lingue per capire cosa veramente dicessero le canzoni.
È stata un'esperienza totale fare questo film: un'esperienza segnata dal divertimento ma anche dalla riflessione, come dovrebbe sempre essere (ma purtroppo non è) quando si parla di storia del costume. Ci siamo divertiti a farlo, e il maggior desiderio è che vi divertiate a vederlo.

Steve Della Casa


Un film su una generazione che emerge, una parola, una categoria, “giovani”, il racconto per immagini di archivio che segue la voce dei protagonisti di quegli anni che raccontano l'esperienza di un cinema popolare e della nascita di una musica esclusiva per i giovani…
Lavorare con l'Archivio storico Luce per Nessuno ci può giudicare è stato seguire tre binari paralleli: la restituzione dell'immagine istituzionale della categoria “giovani” da un lato, dall'altro ricostruire con il footage d'archivio le contraddizioni e le complessità dei cambiamenti di quel decennio, a cui si aggiunge per ultimo l'autonarrazione dei giovani stessi con l'utilizzo dei super8 dell'archivio Superottimisti.
La costruzione per immagini che dei “giovani” e della loro musica fa l'istituzione, la voce maschile classica e beffarda dei cinegiornali cui i ragazzi oppongono la moneta nel jukebox, le chiacchiere sui dischi, i primi concerti insieme, i vestiti differenti dai genitori... Una narrazione “adulta” incapace o coscientemente impreparata a coglierne la novità, la portata rivoluzionaria che nel giro di 10 anni, dal '58 al '68, avrebbe portato all'inizio di una vera e propria rivoluzione culturale, sociale, politica.
Le immagini di archivio si susseguono lente, veloci, velocissime a tempo di musica, cameracar, politica internazionale, un passo di danza, il traffico, la campagna, il boom edilizio, gli emigranti, la povertà, il paesaggio cementificato, l'emergere dei poteri forti, il sud e il nord, come se a guardarle fossero gli occhi di un ragazzo o una ragazza di 16 o 20 anni mentre con le cuffie sulle orecchie, come oggi, scoprisse per la prima volta di poter essere “soggetto”.
È in questa ottica che abbiamo scelto di utilizzare anche le prime riprese fatte dai ragazzi in quegli anni, il punto di vista dei giovani è quello dei super8 che piano piano diventano più presenti, sono i giovani che idealmente prendono la camera in mano e che non più osservati beffardamente iniziano la loro autonarrazione.
E per fare questo abbiamo frugato in quella fantastica Disneyland per montatori che è l'Archivio Luce, seguendo la traccia della musica per cercare di costruire, insieme agli estratti dei film musicali di quegli anni, un ‘rockumentary’ corale tra cinema, musica, spaccati socioculturali e cambiamenti di punto di vista e presa di coscienza.

Chiara Ronchini