Ancora una volta, la mia terza, decido con entusiasmo di girare un film della collana Purché finisca bene. Ma stavolta con Se mi lasci ti sposo torno a casa, in Friuli Venezia Giulia, a Palmanova per l’esattezza, città fortezza dalla pianta “stellata”, a nove punte. Una forma geometrica inusuale che fa da sfondo a una storia altrettanto insolita.
Marco e Giulia, una coppia di trentenni precari, ai quali per disperazione e divertimento viene in mente un’idea: fare finta di sposarsi per raccattare soldi dai parenti e con gli stessi soldi, finalmente, essere liberi di separarsi. Le bollette, l’affitto, tutto costa caro e può essere complicato destreggiarsi nella società contemporanea, soprattutto se si decide per vivere di fare affidamento, come il personaggio di Marco, sulla propria creatività.
Questo gli sceneggiatori del film - D’Amicis, Barletti e Simi - sembrano saperlo davvero bene, riuscendo a tratteggiare personaggi tanto realistici quanto divertenti.
Ho girato il film cercando di restituire il più possibile l’energia della drammaturgia e l’originalità dei dialoghi, supportato da una squadra di maestranze eccellenti che hanno saputo dare vividezza e verità a ogni ambiente.
Come sempre, il mio maggiore divertimento è nella direzione degli attori. Con Sara Lazzaro che ho rincontrato con immenso piacere a distanza di pochi mesi dal fine riprese di Volevo fare la rockstar, abbiamo lavorato a cercare la dolcezza dietro il rigore di Giulia. Con Alessio Vassallo, con il quale non avevo mai lavorato prima, abbiamo tratteggiato un Marco indolente ma pieno di guizzi di immaginazione: Marco, che con Vassallo condivide una forma di ironia a cui non si può non volere bene.
Con Giulia e Marco volevo mettere in scena la storia di tante coppie contemporanee, alla ricerca di un proprio posto nel mondo.
Matteo Oleotto