Fondazione Fare Cinema
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Laurent Coppini  (12/02/2007 @ 21:53)
Pellicola molto lenta, ma rappresenta bene il dopo-guerra ed i rapporti tra le famiglie dell'epoca. Ottimo il ruolo di Albanese, che trasmette una sensibilità controllata nei confronti di questa donna (il personaggio interpretato da Katia Ricciarelli) che riesce ad amare.
Battista Passiatore  (24/11/2006 @ 00:00)
Il cinema di Pupi Avati è sottoposto alla legge del "prendere o lasciare". C'è chi lo ama per la delicatezza dei percorsi della memoria e chi lo detesta proprio per questo. Dopo gli ottimi consensi di critica e pubblico, prima per il melodrammatico "Il Cuore Altrove" poi per l'autobiografico-musicale "Ma Quando Arrivano le Ragazze?", il regista Pupi Avati torna sul grande schermo con "La Seconda Notte di Nozze". Tratto dal breve romanzo del regista stesso, il film sorprende per la sua malinconica delicatezza e per la struttura da favola moderna. Chi conosce Avati sa che ogni risata nasconde un dolore, una bruttura, un rimorso: Secondo un tenace luogo comune, il fecondo autore bolognese è il regista dei languori e della nostalgia. Ma veniamo al dunque. L'Italia del Nord con Bologna e quella del Sud con le Puglie, dalle parti di Fasano. Due famiglie, due culture, una sola Italia, quella del dopoguerra, drammaticamente spaccata a metà e dal futuro molto incerto. In questo film presentato con successo alla Mostra del Cinema a Venezia 2005, Avati offre una pagina di storia degli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, attraverso la difficile quotidianità della gente; e lo fa utilizzando anche i suoi tipici toni poetici che nulla hanno a che fare con il neorealismo, ma che sono comunque interessanti. Ma la vera forza evocativa del film sta nell'interpretazione dei personaggi: scavando negl'occhi di Albanese cogliamo quella drammaticità così celata, quella tristezza implicita che scava tra le nostre emozioni e i nostri ricordi di crisi esistenziale. Poi, Katia Ricciarelli, al suo esordio cinematografico, che riesce a coniugare eleganza e gran metodo, mischiando sempre in un unico flash il dramma e la commedia, la lacrima e il sorriso. Infine, Nerì Marcorè, attore feticcio dell'ultimo Avati come sempre nei panni del ragazzotto senza scrupoli e figlio della guerra. Colonna sonora ancora una volta affidata alla direzione del bravo maestro Riz Ortolani.
Sara Lucarini  (08/10/2006 @ 00:00)
Seconda Guerra Mondiale.Giordano (Albanese), un po' ritardato e un po' no, vive in un casolare in Puglia con le vecchie zie. Passa il tempo disinnescando bombe.Parallelamente, a Bologna, Liliana (Ricciarelli) e il figlio Nino (Marcorè) vivono di stenti sotto i bombardamenti. Nino è un furfantello.Liliana si dà via a un cuoco ciccione per assicurarsi di che sfamarsi.Giunti al limite del vivibile Liliana scrive a Giordano per chiedere ospitalità. Era sposata con suo fratello, ma la famiglia l'ha sempre ripudiata. Giordano ne è sempre stato segretamente innamorato e, contro il volere delle zie, li ospiterà. Una storia tenera e malinconica, Pupi Avati non regala virtuosismi registici ma la storia è davvero gradevole, ben strutturata, in grado di emozionare sottovoce, in cui i sentimenti sussurrati sono tanto forti. Brava la Ricciarelli nell'insolita veste di attrice. Bravo soprattutto Albanese, in un ruolo non comico che a Venezia si sarebbe meritato senz'altro il premio per miglior attore...
Francesco Chiti  (17/09/2006 @ 00:00)
Sorprendono tutti gli attori per questa pellicola retrò molto ben curata.
Simone Pinchiorri  (03/05/2006 @ 00:00)
"La Seconda Notte di Nozze" è un piccolo spaccato dell'Italia post seconda guerra mondiale raccontato in puro stile Pupi Avati. E' un racconto immorale a tratti umoristico, che si snoda tra Bologna e la Puglia, in quella provincia tanto cara al regista, ove ha ambientato le sue opere più riuscite. Protagonisti del racconto sono tre personaggi molto simili e distanti tra loro: Giordano Ricci, un malato di mente, interpretato da Antonio Albanese; Liliana (Katia Ricciarelli), cognata di Giordano, e Nino (Neri Marcorè), scaltro e disonesto figlio della donna. Antonio Albanese si rivela il nuovo Carlo Delle Piane nella parte dell'uomo buono, ingenuo e bruttino, che viene incaricato di far brillare le mine lasciate in eredità dalla guerra poichè essendo un lavoro molto pericoloso è meglio che muoia un malato di mente che una persona ritenuta sana. Neri Marcorè recita in un ruolo nuovo per lui, quello di un viveur donnaiolo e senza scrupoli, che giunge più volte a rubare per mantenere alto il suo status di vita e soddisfare i suoi vizi in un momento difficile per tutta la popolazione italiana. La vera sorpresa del film è, però, Katia Ricciarelli, abile a trasformarsi subito in "attrice consumata" alla sua prima apparizione davanti alle telecamere. Sullo sfondo dell'azione degli attori principali Avati pone due vecchie ziette pugliesi interpretate da Angela Luce e Marisa Merlini. Entrambe rappresentano la saggezza ma anche l'amore per i familiari. L'unico neo del film è rappresentato dalla lingua delle due donne, che è un perfetto italiano e non il dialetto pugliese come imporrebbe il copione della pellicola. La scenografia, la fotografia ed i costumi sono eccellenti e fanno calare lo spettatore nella realtà del dopo guerra, fatta di ricchezza e povertà, di inganni ed altruismo, di amore e cattiverie. Avati pone sulla scena tutte le classi sociali e spicca un netto contrasto tra la grigia e decadente Bologna distrutta dalle bombe e la ricca e rassicurante masseria pugliese dove vive Giordano. Per una volta il Sud e la campagna diventano meta di immigrazione dal povero povero Nord e dalla città, luogo da ricostruire sia fisicamente che moralmente...

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