Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Daniele Zingaro  (20/06/2007 @ 15:36)
Appare noioso, ma ogni tanto qualcosa di diverso non fa male!
Battista Passiatore  (24/11/2006 @ 00:00)
Emanuele Crialese, alla sua terza prova come regista dopo "Once We Were Strangers" e "Respiro", ha scelto di raccontare un passato vicino alla realtà contemporanea: l'emigrazione. Il regista tratta l'argomento con delicatezza e realismo, mantenendosi originale rispetto a quanto già mostrato in passato. Nonostante l'uso del dialetto siciliano, lo spettatore segue con affetto e attenzione quanto accade ai membri della famiglia Mancuso, e si trova costretto a compiere una riflessione su quanto accaduto nel passato italiano e la contemporaneità del nostro paese. Nuovomondo racconta la contrapposizione tra due realtà: quella della Sicilia dell'inizio del Novecento e la nuova realtà americana. Le illusioni, le speranze di Salvatore vengono visualizzati come un sogno, in cui i fiumi diventano di latte e si può coltivare una terra dalle straordinarie capacità. La scelta di contrapporre a questa realtà contadina la modernità di Lucy è l'idea di maggior successo: il film offre già in sé la visione della diversità: epoche, culture, comportamenti sociali...Il cast contribuisce in modo significativo alla buona riuscita del progetto: Vincenzo Amato, in particolare, sembra aver tratto vantaggio dall'aver lavorato per mesi come contadino prima delle riprese. L'attore, infatti, si cala alla perfezione nella realtà della campagna siciliana novecentesca, esprimendone, anche fisicamente, i valori e i modi di vita. Charlotte Gainsbourg mantiene la giusta dose di mistero e estraneità ai fatti, dando spessore al personaggio di Lucy. L'intero cast, però, offre interpretazioni convincenti e ben riuscite. La colonna sonora, con musiche di Antonio Castriganò, e poche canzoni (tra cui canti popolari e Sinner man di Nina Simone nei titoli di coda), risulta appropriata e ben inserita nel contesto. Attualmente il film di Crialese ha avuto la meglio su "Romanzo Criminale" di Placido per partecipare alla cerimonia degli Oscar 2007 come Film Straniero. Ce lo auguriamo tutti!
Carlo Zanotti  (05/11/2006 @ 00:00)
Ho apprezzato in particolar modo la capacità del regista, tramite suoni, colori, fotografie, di fare calare lo spettatore dentro una storia, una realtà lontana, sconosciuta ai più ma ricca di significati socio-culturali. Un lento ma costante avvicinamento alle emozioni, alla sensibilità, ai pensieri, alla vita di questi Italiani protagonisti di una scelta epocale e allo stesso tempo drammatica. L'unico appunto che posso fare è la figura di Luce, non mi ha convinto perchè troppo distante dal contesto, glaciale, quasi aliena.
Francesca Arno  (01/11/2006 @ 00:00)
Un’immagine m’è rimasta, tra le tante, nella mente: quella di uno strappo, lo strappo di un “unico” composto da una folla di uomini e donne, che si lacera in due. Uno dei due lembi di quest’unico di terra umana vista dall’alto, s’allontana e prende il largo. Il film mi è piaciuto molto. L’originalità che vi ho trovato è il mischiare, in un film come questo, dove non te lo aspetti, immagini surreali/oniriche (poche, ma buone) a quelle “reali”. Inoltre, questo bravo Emanuele (Crialese, il regista) niente lascia al caso: ogni immagine è curata nei dettagli. Pure le musiche (particolarmente quelle sul finale) sono scelte molto appropriatamente, anche se non in “consonanza cronologica”… C’è poco da fare, dobbiamo ammetterlo, senza vergogna e falsa modestia: siamo più bravi degli americani!!! Ovviamente il “siamo” sta per “europei-italiani-registi-di questo-genere-di-temi”!
Simone Pinchiorri  (29/09/2006 @ 00:00)
La scena si apre in un sud povero e basato sul lavoro dei campi. Un uomo ed un ragazzo con una pietra in bocca che scalano un'arida montagna a piedi nudi per arrivare a chiedere un segnale divino, che gli deve dare la forza di partire o no per il "nuovomondo": l'America. Da qui parte la storia raccontata da Crialese sul viaggio della famiglia Mancuso, un gruppo di persone non costrette alla fame, ma speranzose di trovare qualcosa di diverso: l'agognata terra promessa dove le carote sono giganti ed i frutti degli alberi sono monete d'oro. Salvatore, il capofamiglia, vende tutto per poter avere un abito dignitoso e scarpe resistenti, perchè i suoi famigliari devono entrare da signori sul suolo americano ("In America dobbiamo andare vestiti da principi", infatti avranno gli abiti usati di un barone morto da ragazzino). L'immagine del film è da subito bellissima e sarà il pezzo da novanta di tutta la pellicola. Le inquadrature sono molto strette, anche perchè la storia si dipana tutta il luoghi "chiusi" e sovraffollati. Non si vede mai nella sua interezza la nave che trasporta i Mancuso, non si vede mai una inquadratura del nuovomondo. Nella terra promessa c'è solo il racconto dello sbarco ad Ellis Island dove in una casermona piena di gente i nostri immigrati sono costretti a test medici e psicologici per poter camminare sulla terra promessa. Le donne sono perfino costrette a prendere forzatamente un marito che non conoscono o non vogliono pur di poter essere ammesse. Anche la tempesta, che si abbatte sulla nave della speranza durante il viaggio, non è mostrata visivamente dall'esterno, ma solo dalla camerata dove molteplici corpi si mescolano tra di loro senza un'umanità, solo con l'istinto della pura sopravvivenza davanti ad un evento naturale più grande di loro e sconosciuto. Non c'è la spettacolarità del "Titanic" in questa scena, ma solo la descrizione di povera gente in preda al panico. La sceneggiatura del film, però, è piuttosto lineare ed i personaggi non esprimono emozioni molto forti; forse solo Donna Fortuna, la nonna, che non riesce ad accettare il distacco dalla propria terra e dalle proprie origini. Però anche lei è caratterizzata quasi come una persona fredda ed a volte cinica. Alla fine della pellicola sarà messa anche in contrapposizione con il nipote sordomuto, che pur di essere accettato in America, parla per la prima volta nella sua vita, perchè lui a differenza dell'anziana vuole essere un membro del "nuovomondo". C'è quasi un passaggio generazionale tra la vecchia tradizione contadina ed i giovani vogliosi di scoprire e di uscire da un luogo antiquato per scoprire cosa c'è nel mondo. Non mi ha entusiasmato per niente il personaggio interpretato da Charlotte Gainsbourg (Luce), non tanto per la recitazione in se stessa, ma perchè stona molto questa donna non italiana che si ritrova chissà per quale motivo (non è spiegato nella pellicola) su una nave di immigrati italiani. Luce è così cinica ed umana allo stesso tempo, ma non esprime nessun tipo di sensazioni. Non ha un minuto di sconforto e di abbattimento, pur essendo diversa da tutti gli altri. Molto probabilmente, Crialese ha voluto caratterizzare così i suoi personaggi per mostrarci la loro ignoranza, però l'essere ignoranti non vuol dire, però, non far trasparire le proprie emozioni. Anche la donna a cui muore il figlioletto e poi lo getta in mare, è solo mostrata nella sua confusione, e quando porge il bambino per un secondo a Luce, questa ultima rimane freddamente ad assistere alla scena senza scomporsi. Poteva rendere il tutto molto più reale ed umano, mentre l'umanità è azzerata. Per concludere è un film di fotografia, dove la realtà è a tratti registrata ed a tratti sviluppata in modo visionario. Sono le immagini, più che i personaggi, a fare la storia; sono le immagini che fanno sognare la terra promessa; sono le immagini che catapultano lo spettatore all'interno della nave o su Ellis Island, non la storia di per se...

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