Fondazione Fare Cinema
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Montecristo  (23/09/2007 @ 04:08)
Film tuttosommato piacevole, senza pretese. Il finale è incoerente e sbrigativo, insomma un sacco di carne al fuoco per nulla. Molto brava e bella la Gerini. se non fosse per il finale meriterebbe la sufficenza.
Simone Cosimi  (17/04/2007 @ 16:40)
Se si sceglie un genere, bisogna avere il coraggio di cavalcarlo fino in profondità. Di “stirarlo”, di approfondirne tutti i pertugi nascosti, di scrivere dei dialoghi che avvalorino la casella cinematografica individuata. Tutto ciò vale se, in particolare, si parla di burlesque con striature noir. Si, perché questo è (o aspirerebbe ad essere) “Nero Bifamiliare”, esordio alla regia del tiromancinico Federico Zampaglione. Altrimenti uno è Resnais o Picabia, e fa quel che gli pare: ma questo è un altro discorso. Proprio un altro discorso. Il punto è, molto semplicemente, che la simpatica pellicola non mozzica proprio perché non ha il coraggio di andare fino in fondo. Stop. Poi possiamo dirne tutto ciò che vogliamo. Per esempio, che il cast è senz’altro di valore – Lionello è perfetto. Che la Gerini si conferma attrice versatile. Che quanto più ci impensieriva all’ingresso in sala – il linguaggio registico – finisce con l’essere l’aspetto più riuscito e sorprendente del primo film di Zampaglione, con una fotografia coloratissima, con delle inquadrature tagliate con grande coraggio e un montaggio molto sostenuto e segnato da una vivace altalena di prospettiva quasi sempre nella stessa scena. Ma certo rimane una forsennatissima confusione nella scrittura. Apparentemente: un noiretto sciapo sciapo con tanto di moralina sui pregiudizi razziali dei nostri tempi. Sotto: il tentativo di impastare riferimenti, citazioni, generi diversi in un risultato finale che è nullo categoricamente parlando. Non è commedia, perché i dialoghi non mordono. Non è noir strictu sensu, perché l’intreccio è troppo elementare per ambire a tale definizione. Potrebbe essere un burlesque - se così intendiamo quell’amalgama di ottocentesca memoria che pone insieme satira, comicità, gusto ultra-caricaturato e parodistico, oltre ad un approccio giocosamente fetish alla nudità. Ed in effetti a ripensare a certe sequenze – fra cui lo spogliarello della Gerini neo-Dixie Evans, il sogno fetish-kitch di Lionello in salsa lap-dance, l’ambientazione patinatissima del film e in generale la super caricaturizzazione-tipizzazione cui sono sottoposti tutti i personaggi del film – “Nero Bifamiliare” potrebbe esserlo. Solo che i dialoghi non seguono, non fanno da puntuale contraltare surreale e sarcastico – per esempio: Remotti è sprecato – a quanto il piano visivo-narrativo lascia passare. Non arriva fino in fondo, non spinge sull’acceleratore del burlesco e invece di guardare a Blake Edwards pare virare a tratti verso la sexy-commedia anni ’70. Tutto qui – e vi pare poco… Dunque una certa presunzione – o meglio: ansietà del voler strafare – per un film che avrebbe avuto bisogno di un lavoro di “pulizia” nella sceneggiatura e di tante arguzie linguistiche in più. Ad ogni modo consegna un allegro intruglio di sarcasmo, qualche valida interpretazione e una regia inattesa – e magari tutti gli esordi fossero tali. Ma che cede proprio nel lavoro di storyboard che tira fuori più un’enorme sit-com all’italiana – pur con tutta la sensibilità critica che vi si individua - che un burlesque-movie a tinte noir. Occasione persa.

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