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Riccardo Lascialfari  (26/11/2007 @ 17:52)
Con “Talsi – Confini d’Europa” il regista e attore fiorentino Corso Salani continua la sua ricerca sulle identità e sulle culture del vecchio continente, ridisegnato dagli sconvolgimenti geopolitici del dopo Muro. Ci troviamo in Lettonia, in compagnia di Liga, un’attrice del Teatro Nazionale che decide di inscenare alcuni monologhi tratti da storie vere di donne qualunque, cittadine di Talsi che si raccontano e descrivono la loro vita quotidiana. In Lettonia molte cose sono cambiate dopo il crollo dell’ex Unione Sovietica. Quasi tutti i giovani se ne vanno all’estero, a tentare la fortuna, molte terre sono state espropriate e confiscate dalla Comunità europea (soprattutto quelle adibite alla coltivazione dello zucchero) e le prospettive di costruirsi un futuro solido e felice non sono molte. La giovane Liga (ha solo 23 anni ed è contenta del suo lavoro di attrice) se ne va in giro per le strade spoglie ma soleggiate di Talsi, incontra una coppia di contadini, un’assistente sociale che si lamenta dello stipendio troppo basso, un’addetta alla sicurezza pubblica. Un’altra giovane ragazza si mantiene gli studi lavorando in pub frequentato da giocatori di videopoker ma il suo volto tradisce smarrimento, un’ aspettativa dolente di giorni migliori. La voce di Liga si sostituisce via via a quella delle donne incontrate, quasi a voler “presentificare”, raccogliendoli in dei canovacci visivi, le storie che costituiranno i suoi monologhi. “Talsi”, opera di un certo interesse, pecca per una freddezza forse eccessiva dell’impaginazione. Lo spettatore tenta di appassionarsi a un mondo che non conosce, a storie di confine e di vita vissuta, ma ne rimase quasi sempre fuori, lontano. Soltanto il finale riscatta una certa staticità complessiva alla quale abbiamo appena accennato: Liga, sul palcoscenico del Teatro Nazionale, si è appena esibita in un canto melodico struggente. Si siede, adesso canta un’altra attrice. Salani però insiste efficacemente sul primo piano di Liga, qualche lacrima scende sulle sue guance rosee, attraversate da una riga di rimmel nero. In quel pianto sommesso si racchiude forse il senso di una profonda solitudine, quella stessa solitudine incontrata nei volti delle donne costrette ad arrendersi a un futuro sì dignitoso ma molto diverso rispetto a quello sognato.

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