Fondazione Fare Cinema
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Annamaria Zampieri  (24/01/2011 @ 22:24)
Condivido i commenti positivi sul film; non capisco le posizioni politiche assurde a tanti anni dalla fine della guerra. Come ben scrisse Bocca, gli attentati inutili (via Rasella per tutti) vennero fatti per scatenare le rappresaglie previste dai trattati internazionali e provocare la reazione contro il tedesco. Tutto qui, il resto non è più storia, revisionista o meno, ma politica spicciola.Eravamo invasi da diversi eserciti e non saprei, alla luce di quel che è successo poi (e continua a succedere) quale dei due fosse il migliore.
Wanda Balta  (11/04/2010 @ 09:48)
Ho visto il film solo ieri, in evidente ritardo, in un cinema d'essai a Roma. Avevo visto di Giorgio Diritti già "Il vento fa il suo giro" ed ero stata colpita dalla regia. Ieri sera mi sono molto emozionata: un pezzo della nostra storia, raccontato con lucidità, realismo, senza filtro cinematografico, tanto che piu' che spettatori, ci si sente testimoni.E' stato come rivivere la tragedia(la strage di Marzabotto) in diretta, perchè la comunicazione delle emozioni è affidata ad un'interpretazione scarna e vera; a tempi scanditi in tempi reali; ad un sonoro, fatto di silenzi, di dialoghi essenziali in lingua dialettale,di suggestiva musica; ad immagini bellissime ma anche crude,che danno al film un taglio cronachistico, senza eccessiva drammatizzazione. Bravissimi anche gli attori, professionisti e non , in primis la splendida bimba protagonista, attraverso la quale il regista ci comunica la propria visione degli eventi e di quella umile e sana realtà contadina, in uno stile sobrio e avvincente.Un film splendido, che merita i riconoscimenti di critica e i premi finora ricevuti.
Giorgio Casiello  (28/02/2010 @ 20:47)
Un ESERCIZIO DI STILE,tecnicamente ottima la regia,l'interpretazione,l'idea della lingua originale(dialetto),ma con un messaggio BUONISTA,dove nei titoli di coda si dedica l'opera genericamente a tutte le vittime delle guerre non chieste e subite.E' vero che siamo in un epoca di revisionismo storico,e molti provano ad equiparare i morti di entambe le parti del secondo conflitto mondiale,o meglio ancora,della guerra di liberazione. Credo profondamente scorretto mettere sullo stesso piano vittime e carnefici,invasori e oppressi.Il cinema è anche (forse soprattutto) uno strumento culturale e non di virtuosismo,pertanto non può prescindere dalla responsabilità di mantenere viva la memoria storica. Nella vita non si può restare SUPER PARTES,è necessario , indispensabile,e doveroso per ogni essere umano prendere coscienza della realtà,viverla e non subirla. La lotta partigiana non può essere messa alla stregua delle criminali gesta del nazifascismo.E' come attribuire la responsabilità dell'eccidio delle Fosse Ardeatine all'attentato di via Rasella ,e quindi ai partigiani,perchè non hanno tenuto in considerazione la possibile reazione dei nazifascisti,valutazione storica INACCETTABILE per ogni sincero democratico.Bisognerebbe ricordare al giovane regista,che se oggi può permettersi di fare del cinema liberamente lo deve proprio al sacrificio di "quegli sconsiderati dei partigiani".Questo vuol dire ignorare la storia e negare il diritto/dovere di un popolo a ribellarsi alle ingiustizie di qualsiasi colore esse si ammantino, Il PACIFISMO TOUT COURT non è un valore ma bensì una chiave di lettura qualunquista della storia,quindi della vita. Molto VELTRONIANO,capace di raccogliere consensi sia da una parte che dall'altra,peccato che il regista non sia stato messo al corrente che Veltroni e il suo buonismo non sono più,diciamo, di"moda"!
Luca Corbellini  (25/01/2010 @ 21:07)
Ho visto il film, davvero molto bello. C'era anche il regista alla presentazione. Una storia tragica, un evento storico drammatico senza senso, una strage disumana raccontata e vista dagli occhi e con i pensieri di una bambina muta. La cinepresa mai fino in fondo a mostrare la violenza, un pudore ed un rispetto degli stati d'animo e dei pensieri delle persone semplici, Si è entrati nelle case della gente, della povera gente che era pronta a far posto e a dividere quello che non c'era con chi bussava alla porta. E si mette in risalto anche la consapevolezza di non poter comprendere il perchè di certe scelte e di pagare, senza paura, con la morte per non avere niente a che fare con un'orda di assassini e pazzi, Alla fine c'è comunque la speranza che quell'uomo che verrà e che è scampato al massacro potrà vivere in un mondo dove la guerra sarà solo un ricordo. Consigliato per riflettere su noi uomini che certe volte, senza saperlo, giustifichiamo la violenza. Il pericolo è dietro l'angolo, ricordare serve. Da non perdere!

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