Fondazione Fare Cinema
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Note di regia del film "Ponte Milvio"


In una società consumata dal consumismo, risulta normale che tutto possa essere acquistato e venduto: l'automobile, la sessualità, la bellezza, l'informazione, l'infanzia sono tutte realtà che, pur tangibilmente diverse, trovano il comune denominatore nel termine "mercato".
In un società in cui le preoccupazioni e finalità sono meramente economiche, tutto è pretesto di scambio mercantile. E senza dubbio questo spiega come l'uomo dell'era moderna perda l'esistenza reale se lo si isola dall'ambiente economico chi non partecipa attivamente è considerato un "escluso", un "parassita", relegato ai margini della società; sia esso un bambino o un tossicomane, o un giovane disoccupato, o uno zingaro, o un adulto che si rifiuta consapevolmente di entrare nell'ingranaggio, o un "barbone", o un vecchio.
Non c'è posto nella società per queste persone, e per questo sono inevitabilmente condannate alla solitudine. E' questo il tema conduttore di questo film.
La solitudine di un bambino, apparentemente felice, poiché essendo la merce divenuta sinonimo di felicità, i suoi genitori ritengono che basti sommergerlo di giocattoli per renderlo felice, e forse anche perché è più facile trasformare un bambino in consumatore che non amarlo come si merita e occuparsene come ne ha bisogno.
La solitudine di un'adolescente che cerca di mimetizzarsi, ma che in realtà vive una situazione familiare drammatica che la costringe a vivere una doppia vita e a diventare adulta prima del tempo.
La solitudine di un giovane disoccupato, che per il fatto stesso di non trovare lavoro viene considerato un fallito, anche dalle persone più care.
La solitudine di un immigrato discriminato solo per il fatto di essere "diverso", come il suo compagno di sventura, un giovane un po' "fuori di testa" che viene rifiutato persino dalla madre.
La solitudine di un "artista", che non vuole scendere a compromessi con quello che richiede il "mercato"
La solitudine di un vecchio, angosciato dalla sua inutilità sociale, sentimento accentuato da tutto l'ambiente circostante, ostile o indifferente.
Le storie di questi personaggi si intrecciano fra loro nella stessa unità spaziale; il quartiere romano di Ponte Milvio.
I sobborghi ricchi di Vigna Clara e della Collina Fleming interagiscono (peraltro piuttosto malamente) con il vecchio nucleo abitativo di "Ponte Mollo" e con gli umili "slums" sul Tevere, degli immigrati o dei senza tetto. Il nucleo antico, diviso tra i lotti edificati nei primi anni del Ventennio Fascista e la piazza intasata dal traffico continuo, sopporta questa interazione con la tipica indolenza "romanesca" mista a furbo opportunismo...

Roberto Meddi