Note di regia del documentario "Il Salinaro
di Cervia, Custode dell'Oro Bianco"
Il titolo del documentario "
Il Salinaro di Cervia, Custode dell’Oro Bianco" nasce durante la fase di indagine e di ricerca storica relativa al progetto audiovisivo di valorizzazione delle saline, come un patrimonio della memoria gastronomica italiana da salvare. Spontaneo e inatteso come il progetto stesso, dato che l’idea di realizzare un documentario sulla salina e l’antico mestiere del salinaro è nato durante un pranzo in un ristorante di Cervia dove ho “incontrato” per la prima volta il sale “dolce”, l’Oro Bianco di Cervia, appunto. La curiosità mi ha portato a scoprire l’origine e la storia di questo caratteristico prodotto della Romagna, delle millenarie saline e dell’antico mestiere dei salinari: di questi “custodi del sapere artigianale” che ancora oggi, tra mille difficoltà riescono a mantenere viva la cultura della tipicità del territorio cervese. Da qui l’idea di realizzare un documento che potesse immortalare esperienze di vita di coloro che hanno vissuto in salina.
Durante questo lungo percorso (durato più di un anno) ho conosciuto gli ultimi testimoni dell’arte di estrarre il sale a mano, ancora con lo stesso metodo artigianale denominato “a raccolta multipla”. I cittadini cervesi mi hanno accolto con calore e disponibilità mostrando la voglia di raccontare episodi della loro vita nell’ambiente lavorativo della salina, un ecosistema incredibilmente complesso e delicato. Il racconto delle fasi di questo mestiere si è rivelato una scoperta di un’arte antica, l’arte salinaresca, tramandata di generazione in generazione, che ha trovato la sua fine con l’avvento dell’industrializzazione e della meccanizzazione della produzione del sale di Cervia.
Il filmato è stato concepito come puntata zero per una serie televisiva dedicata ai “mestieri di una volta”, quelli che vanno scomparendo e di cui occorre invece conservare memoria. Per evitare di lavorare prevalentemente su fonti scritte o materiale fotografico e ridurre il racconto ad una mera “crono-storia” del sistema dell’estrazione e lavorazione del sale e del territorio circostante, si è scelto di seguire il “metodo alternato”: dove le immagini, registrate in periodi diversi da quelle delle interviste, non sono complementari alle parole degli intervistati, ma ne accompagnano la voce, scortandone i ricordi, gli aneddoti e gli avvenimenti legati alla Salina.
Le interviste sono state realizzate in un ambiente familiare agli interlocutori (prevalentemente presso la Salina Camillone, l’unica ancora attiva, dove si raccoglie il Sale Dolce di Cervia ancora seguendo il metodo artigianale e per questo dal 2004 Presidio Slow Food) in modo da consentire loro di raccontarsi “a ruota libera”, senza condizionamenti visivi o verbali: in questo senso la videocamera digitale [di ridotte dimensioni] è risultata il “terzo occhio” esterno al dialogo, che non andava a frapporsi tra l’interlocutore e l’operatore-intervistatore [privo di un approccio visivo predeterminato] ma bensì talmente inserita nell’ambiente, quasi da scomparire. Questo procedimento, pur allungando di molto la fase di montaggio nella selezione dei contenuti fondamentali per la narrazione, ha spalancato possibilità di spunti inediti, imprevisti, segreti, oscuri, drammatici e difficilmente preventivabili in sede di stesura della sceneggiatura. Il filmato, dunque, risulta suddiviso in moduli (segmenti seriali), intervallati da brani musicali tratti anche da canti popolari folcloristici (musiche inedite di un salinaro “doc” Agostino Finchi) e da una voce narrante che introduce brevemente gli argomenti emersi dalle interviste, o meglio dalle chiacchierate coi Custodi dell’Oro Bianco di Cervia.
Fabrizio Fantini