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Mario Sesti: "Il pubblico che sceglierà “Extra”
si troverà dinnanzi a più linguaggi, diversi
tra loro ma al tempo stesso autorevoli"


Mario Sesti:
Per arrivare a proporre in “Extra” il meglio del documentario proveniente da ogni parte del mondo, quanti mesi dedica all'anno per effettuare le sue ricerche e valutazioni?
Mario Sesti: Generalmente mi metto al lavoro subito dopo la chiusura del festival stesso. Ma a dire il vero i due mesi che precedono l'apertura dell'edizione sono quelli in cui si pesca maggiormente. Questo perchè, come avviene anche nel giornalismo, si preferisce avere materiale più fresco e inedito possibile e di conseguenza la scoperta fatta negli ultimi giorni, rischia di essere la più importante. Come dice Bertolucci, citando Renoir, bisogna sempre lasciare una porta aperta su un set. Ci sono poi dei casi in cui scovi un documentario interessante già molti mesi prima e sei costretto a contendertelo con i denti per strapparlo ad altri festival. E' il caso del film di Masato Ishioka individuato ad aprile scorso e per cui abbiamo fatto di tutto pur di averlo in concorso.

E le è mai successo di cambiare la sua linea in funzione di qualche inaspettato “ultimo arrivato”?
Mario Sesti: Capita qualche volta che ti arrivino quelle due o tre occasioni che ti permettono di apportare un significato diverso a tutto il lavoro che avevi in mente. Ad esempio, quest'anno si è venuta a creare una trama su certo cinema indipendente americano che inizialmente non era prevista, e ammetto che questo è un lato del mio lavoro che mi affascina molto.

Una volta ha ammesso di essere un appassionato lettore di critica cinematografica e di provare dinnanzi a una pagina ben scritta prima meraviglia e poi invidia. Da regista documentarista, nel corso di questi anni le è capitato mai qualcosa di simile, che magari l'ha portata a pensare “questo l'avrei voluto girare io”?
Mario Sesti: In realtà non mi sono mai considerato un regista, ma per i lavori su Fellini e Pasolini mi sono visto come un critico che usa il cinema per fare critica. Lo spirito di competizione non mi appartiene, ma mi inorgoglisce molto quando si parla bene dei miei lavori, che piacciono e non risultano noiosi, grazie al “diverso”utilizzo del linguaggio filmico.

Il successo di “Extra” lo si deve a lei e ad un attento lavoro di squadra. Può dirci qualcosa su chi lavora nell'oscurità, in supporto a Mario Sesti?
Mario Sesti: Affermo, senza alcuna falsa modestia, che se domani dovessi lasciare la direzione di “Extra”, la sezione continuerebbe ad avere una sua vita. Questo lo si deve al grande lavoro di due veri pilastri quali Alessandra Fontemaggi, coordinatrice per il cinema e innamorata del suo lavoro, e Jacopo Mosca. A loro si aggiungono Dario Buzzolani, Laura Buffoni, Fabrizio Grosoli, Massimo Galimberti e Gabriele Niola. Al termine di Cannes si cominciano ad organizzare le varie riunioni e spesso mi capita di entrare in ufficio convinto di alcuni titoli. Poi ti trovi a parlare con gente appassionata quanto te, capace di farti cambiare idea su altre opere, in cui hanno rintracciato quella bellezza di cui in un primo momento non ti eri accorto. Lo trovo un esercizio eticamente giusto che ti permette di non vedere più come un dogma la tua testa e di sviluppare diversi punti di vista.

Grazie ai video presenti in “Guida ad Extra”, postati su Facebook e Twetter, quest'anno la sezione si è resa ancora più interattiva. Come nasce l'idea di far entrare nel suo studio i naviganti della rete, fornendo loro anticipazioni e informazioni degne di veri e propri extra da dvd?
Mario Sesti: “Extra” si presenta come la sezione più orientata verso le nuove forme del mondo dell'audiovisivo e della comunicazione. I social network sono ormai la via più rapida per comunicare con la gente e proprio grazie a un'idea di Gabriele Niola, abbiamo deciso di girare questi brevi video, girati con un cellulare e montati su un pc. Ci piaceva molto l'idea di dare vita a qualcosa di virale, di comunicare la critica attraverso mezzi non convenzionali.

I duetti che vedranno protagonisti in un primo momento Margherita Buy e Silvio Orlando e in un secondo Giancarlo De Cataldo e Gabriele Salvators, sono solo gli ultimi di una serie. Come dai vita agli accoppiamenti per le chiacchierate che fanno impazzire il pubblico del festival?
Mario Sesti: In passato alcuni sono nati per affinità caratteriali o autoriali, altri per opposizione. Penso ad esempio all'accoppiata Verdone-Servillo, il primo decisamente popolare, il secondo apprezzato dagli amanti del teatro e di certo cinema d'autore, ma che nutrono reciprocamente una grande stima. Tutto questo è nella logica di “Extra”, un posto dove puoi trovare il documentario cubano e l'incontro con la Streep, una logica pop che cerca di intrecciare mondi diversi fra loro.

Quale pensa che sia la motivazione plausibile, se davvero ce n'è una, per cui in Italia il cinema documentario è destinato a non avere una regolare distribuzione in sala?
Mario Sesti: E' vero che i documentari dovrebbero avere l'occasione per conquistare un loro posto nelle sale, e per produzioni internazionali, qualche volta è successo, ma l'esperienza mi dice che la risposta di pubblico non sarebbe assicurata. Credo che la giusta dimensione sia la sala, ed “Extra” offre loro questa possibilità, ma al termine del festival il documentario dovrebbe avere una traiettoria meteorica che gli permetta di atterrare in libreria o in edicola per incontrare l'attenzione del pubblico più giusto. La mia missione è sottrarre al coro buio quell'opera in cui rintraccio la bellezza e talvolta capitano casi come “Man on wire”, vincitore di un Oscar e il cui dvd uscito per Feltrinelli è stato già venduto in più di ventiduemila copie. E' chiaro che una distribuzione vera e propria sarebbe meglio, ma scoprire questi film in sala e consumarli a casa in dvd, mi sembra un onorevole compromesso.

Che idea si è fatto riguardo l'occupazione della “Casa del Cinema” e delle possibili mobilitazioni annunciate dai “100autori” per i prossimi giorni del festival di Roma?
Mario sesti: Sono stato al loro fianco fin dal primo momento, ho invitato io stesso i 100autori a prendere parte a diversi incontri in occasione del festival e credo che la Buy sia loro delegata per parlare in loro nome. “Extra” è luogo di cultura e ci sarà la libertà di discutere di questo genere di problemi, a costo di dovermi mettere di traverso in alcune occasioni.

Cosa si devono aspettare i lettori di cinemaitaliano.info dai tre documentari italiani in concorso nella sezione del “Festival Internazionale del film di Roma” da lei diretta?
Mario Sesti: La risposta alla più grande accusa di cui il cinema documentario è vittima, quella di guardare solo al proprio paese. I tre film in concorso sono girati in Senegal, in Brasile e in buona parte del Mediterraneo, compresa la Turchia, e hanno tutti una forza di sguardo libero e non provinciale. Il lavoro di Bigoni, ad esempio, ricorda una ballata dal ritmo altalenante, quello di Orazi ha il taglio dell'inchiesta ma riesce a toccare punte di vero dramma. Il pubblico che sceglierà “Extra” si troverà dinnanzi a più linguaggi, diversi tra loro ma al tempo stesso autorevoli.

27/10/2010, 08:35

Antonio Capellupo