Fondazione Fare Cinema
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Note di regia del documentario "048 -
Esenzione Ticket Malati Oncologici"


Note di regia del documentario
Che significato può avere, oggi, l’idea di fare un film documentario che racconti la storia di persone ammalate di cancro, in un periodo in cui la gente è sempre più affascinata ed attratta da immagini provenienti dal mondo delle reti televisive e da quello della carta stampata; immagini, peraltro, che propongono in continuazione modelli e stereotipi di bellezza e perfezione estetica?
In cui le malattie gravi vengono esorcizzate o, addirittura, rimosse dall’immaginario collettivo, in quanto esprimono sostanzialmente l’esclusione, di chi è ammalato, da quel mondo effimero della “bellezza e della felicità” e, quindi, di essere privati della condizione di essere amati ed accettati dagli altri?
A chi può interessare una storia come quella che voglio raccontare, che è una storia fatta di paura, di lotta, di coraggio, di amore e di un pizzico di lucida follia?
048 Da qui sono partito. Da un titolo che vuole concentrare, nella sua brevità, più idee. 048. Un numero che pone l’accento sull’omologazione del malato oncologico e sulla sua depersonalizzazione. Un numero che, esprimendo un codice di invalidità ,rimanda a tutta la drammaticità del cancro, nei suoi percorsi di cura e nell’estenuante cronicità che segna, per sempre, nel bene e nel male, quella persona.
Il cancro, infatti, con la sua dirompente capacità di modificare sostanzialmente non solo la percezione del presente, ma il senso stesso dell’esistenza, rappresenta uno dei pericoli più temuti da tutti noi. E la negazione della patologia, come inutile tentativo di renderci immuni dalla sofferenza e dalla malattia, rappresenta una delle più frequenti reazioni di fronte ad una realtà vissuta come ingiusta. Se questa è la situazione più frequente, a volte, invece, si incontrano persone che reagiscono in maniera completamente diversa, con un atteggiamento psicologico diverso verso la malattia, in analogia a come si è soliti affrontare gli altri problemi della vita.
E’ quello che è capitato a me quando ho conosciuto e avuto la possibilità di frequentare alcune persone ammalate di cancro. Ed è proprio il modo in cui esse hanno affrontato la malattia che voglio raccontare nel documentario; raccontare quella eccezionale esperienza esistenziale che, comunque, il cancro ha permesso loro di vivere . Perché nel corso di quegli incontri ( uomini e donne, giovani e adulti ) fatti di silenzi, sguardi e parole, imbarazzi e ironia, costoro mi hanno raccontato, con commovente pudore, la loro vita e il cambiamento provocato dalla malattia; mi hanno raccontato la loro disperazione, la loro debolezza, la loro emarginazione, le loro speranze e le loro delusioni. Ma tutti, allo stesso tempo, mi parlavano di quell’esperienza come un fatto normale; o almeno loro lo presentavano da un lato come un grave problema, grave come è, oggettivamente, il cancro quando esso irrompe nella vita quotidiana ; ma, dall’altro, ne parlavano con un atteggiamento di profonda dignità e ironia, allo stesso tempo; cioè, come una delle tante cose, dolorose ed impreviste, che arrivano sempre nell’esistenza degli uomini
L’idea di 048 è scaturita, in generale, da queste motivazioni ed, in particolare, dall’esperienza irripetibile e straordinaria da me vissuta con queste persone, le quali mi hanno concesso il privilegio di condividere, per un po’, l’essenza profonda delle loro esistenze; e la fortuna, se vogliamo parlare in questi termini, di comprendere il significato più autentico e profondo dell’amore e del dolore; della vita e della morte. Proprio dell’esperienza della morte che deve essere rivista come una parte importantissima dell’esperienza della vita.
Per questo, il tema di fondo del documentario vuole ribaltare la normale prospettiva attraverso cui, generalmente, la gente si rapporta con il Cancro e, di conseguenza, con i malati oncologici: ovvero, come la più grande sciagura/maledizione che si abbatte all’improvviso nella vita di un individuo, al punto da sconvolgergli totalmente i principali e fondamentali punti di riferimento dell’esistenza, da quelli affettivo-sentimentali, a quelli sociali, lavorativi e professionali. Il malato oncologico come oggetto di un’ iconoclastica commiserazione, una persona da proteggere e compatire, allo stesso tempo; per poi, inconsciamente, relegarlo, con questo atteggiamento, in un mondo, quello della "malattia", che deve rimanere separato, se non del tutto escluso, da quello della normalità. Esorcizzare il Cancro, insomma, affinché la "malattia" non contamini mai la normalità.
Come il pharmacos per gli antichi greci: la malattia, che doveva essere espulsa dalla ” polis”…
Il documentario, al contrario, attraverso una storia di amore e morte, a mio avviso, di straordinaria intensità emotiva, che viene ad incrociarsi con quelle di altri 6 protagonisti, vuole affrontare questo argomento con una irriverente leggerezza; presentare il cancro, cioè, come una malattia che non deve essere considerata una maledizione caduta dal cielo, all’ improvviso, magari chissà per quali misteriose e imperscrutabili manifestazioni del caso; ma come una delle tante eventualità che fanno parte della vita. Non due mondi separati, quindi, ma la realtà spietata e beffarda della natura umana e della nostra esistenza, che è fatta di gioie, dolori, speranze, delusioni.
Insomma la vita, come essa è, e come essa deve essere intesa e vissuta: eterno, ineluttabile ciclo di nascita e morte. Per questo, forse, non moriamo perché ci ammaliamo, ma ci ammaliamo perché dobbiamo morire.

Maurizio Orlandi