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FESTIVAL DI ROMA 8 - "Container 158", quando
la vita è circoscritta ad un campo


Stefano Liberti ed Enrico Parenti raccontano l'intrecciarsi di vite all'interno del campo di Salone di Roma Est.


FESTIVAL DI ROMA 8 -
"Segregazione forzata su base etnica". Così il Consiglio d'Europa definisce quel tipo di gestione pubblica tutta italiana, che costringe migliaia di persone di diversa etnia a vivere "compattata" all'interno di un campo.

Sono storie di "reietti", quegli "zingari" con cui il nostro Paese non riesce ancora ad avere un rapporto diretto, o forse semplicemente non vuole. Perchè quando ti ritrovi a vivere per anni in uno spazio circondato dal fil di ferro, a chilometri di distanza da un bar o da una farmacia, domandarsi se davvero qualcuno desidera la tua integrazione sociale e culturale non è poi così sbagliato.

Per documentare dall'interno cosa vuol dire vivere in una realtà concepita da molti più come un lager che come abitazione, Stefano Liberti e Enrico Parenti hanno girato il loro "Container 158" all'interno del campo di Salone di Roma Est.

La macchina da presa si muove a suo agio tra i container in cui vivono circa mille persone di diversa razza, dai rumeni ai bosniaci, passando per i montenegrini e i serbi, molti dei quali nati in Italia ma privi dei diritti di un normale cittadino italiano.

Se i racconti di vita, i problemi e le speranze degli adulti possono risuonare a volte "già sentiti", ciò che colpisce del lavoro dei due autori è il modo in cui i ragazzini riescono a mettersi a nudo davanti alla camera, tirando fuori un'ironia, un sarcasmo e un cinismo che dimostrano quanto una realtà simile ti costringa a diventare grande precocemente.

Gli italiani restano sullo sfondo, con le considerazioni dei "vicini di casa" che rimangono in bilico tra un secco odio e quel buonismo un po falso di chi dopo aver riconosciuto qualcosa di positivo nell'altro, nel diverso, è subito pronto ad aggiungere un "ma".

L'unico elemento che forse funziona meno, del convincente e importante doc di Liberti e Parenti, è il voler raccontare troppi personaggi, poichè se è vero che i numerosi punti di vista rendono l'idea di una comunità, dall'altro a volte non permettono un vero approfondimento delle diverse storie di vita.

12/11/2013, 23:26

Antonio Capellupo