FOREIGN OFFICE - "La Douleur", il Tormento dell'Attesa


Tratto dal romanzo di Marguerite Duras, scritto e diretto da Emmanuel Finkiel, sarà in sala dal con Mélanie THIERRY, Benoit MAGIMEL, Benjamin BIOLAY. Prodotto da Les Films de Poisson e da CINEFRANCE, questo è il primo film che distribuisce Alessandro Tiberio con la sua nuova casa di distribuzione “Valmin e Wanted”, uscirà nelle sale italiane il 17 febbraio.


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Mélanie Thierry, protagonista di "La Douleur" di Emmanuel Finkiel
Emmanuel Finkiel, lesse per la prima volta lo scritto della Duras quando aveva venti anni e ne rimase folgorato: la scrittrice aveva saputo commuoverlo nell’intimo, riuscendo a descrivere la sensazione di "attesa" che lui ben conosceva.

Oggi, inconsciamente, grazie a quel romanzo rivisita tutta una serie di sensazioni dimenticate e le dinamiche a lui familiari che aveva vissuto da piccolo: il padre infatti aveva aspettato imperterrito per anni ed anni, il ritorno dai campi di concentramento dei propri familiari. Finkiel, decide di fare un adattamento cinematografico del racconto della Duras che lo ha profondamente commosso e che gli ha permesso di ricordare la sua infanzia.

La Duras lo scrive ritrovando dopo trenta anni un suo vecchio diario che non solo non ricordava ma che neanche riconosce rileggendolo, ha infatti cancellato quel periodo, quel ricordo, quell’esperienza. La grafia non le sembra nemmeno la sua, le sensazioni che descrive, l’avventura raccontata, la storia vissuta in quel tempo di attesa del marito arrestato e deportato... possibile che Marguerite abbia rimosso quei tragici giorni? La sua voce narrante ce lo racconta.

L’attesa è quindi il tema centrale del film, ambientato nella Parigi a cavallo tra il 1944 e il 1945, le immagini della città tormentata dalla guerra, le strade deserte percorse in bicicletta, le retate, le sirene, gli ultimi bombardamenti e l'imminente liberazione degli alleati.

Ma anche la Parigi dei collaborazionisti, dei ristoranti, dei balli degli amici dei nazisti sui quali invece si sorvola deliberatamente. Marguerite alla ricerca disperata del marito, lo aspetta in modo quasi maniacale: in attesa alla stazione dove va ogni giorno scrutando uno per uno i volti dei prigionieri che rientrano dai campi di prigionia; in attesa nel suo appartamento dove vive la solitudine forzata; in attesa in mezzo alla gente che festeggia la liberazione; in attesa mentre cerca negli ospedali, nei convogli, negli hotel messi a disposizione per l’accoglienza.

È un film costruito anche sulle relazioni: Marguerite e il suo amante Dyonis rappresentante della resistenza antinazista e miglior amico di suo marito, l’attore Benjamin Biolay, noto cantante francese. Marguerite e Rabier, il filo-nazista che ha arrestato suo marito e che si innamora di lei, l’attore Benoit Magimel, bravo e fascinoso come sempre (anche se un po’ sovrappeso). Ma soprattutto Marguerite e il suo marito mancante Antelme, che sapientemente non vedremo mai, se non quando lo recupereranno i compagni della resistenza portandolo a casa in fin di vita, ma che quasi sicuramente dentro di lei forse è già morto.

Era la sua attesa che le riempiva la vita, usava la disperazione per sopravvivere e per sentirlo vicino, se ne nutriva per andare avanti, mentre una volta tornato, il povero marito ha perso la sua importanza e non è più così necessario per vivere.
Intensa la protagonista Mélanie Thierry, struccata e bellissima, espressiva ed elegante anche nella sua sofferenza e nella sua magrezza, Marguerite che non mangia più e si nutre di sole sigarette, che vive indecisa tra uomini che la desiderano e che ci racconta la storia con la sua voce triste ed angosciata.

12/01/2019, 10:42

Silvia Amadio