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SORRY WE MISSED YOU - Troppo lavoro


SORRY WE MISSED YOU - Troppo lavoro
In «Sorry We Missed You» presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes, il regista inglese Ken Loach affronta un tema di estrema attualità: quello delle persone che, pur avendo un impiego, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e finiscono così per mettere in pericolo le relazioni con i loro cari.

Stilisticamente perfetto, dai dialoghi brevi, ma essenziali e dalle situazioni drammatiche, coinvolgenti. È un lungometraggio duro, ma veritiero e realista in cui Ken Loach muove un’ennesima vemente accusa alla società d’oggi e alle sue leggi durissime e inumane del mondo del lavoro. Nel film del regista di “I Daniel Blake” non vi è umorismo ma solo pochi momenti di distensione e molta drammaticità che diventa soffocante per l’accavallarsi di episodi disastrosi che portano alla disgregazione di un nucleo famigliare.

Sullo schermo una famiglia d’oggi, nell’Inghilterra del nord con padre, madre, un figlio quindicenne in piena crisi adolescenziale, una ragazzina di undici anni intelligente e curiosa ma con problemi di insonnia, crollano nella depressione. I genitori pur lavorando 14 ore al giorno non riescono a sbarcare il lunario e a trovare dei momenti di distensione per la vita comune. Fino a qualche anno fa ci si sarebbe potuti attendere che il padre avesse un impiego fisso e la madre lavorasse a metà tempo per potersi occupare anche delle necessità dei figli.

Oggi, come ci racconta Ken Loach in Sorry We Missed You, questo non è più sufficiente: per motivi di salute o perché si sono persi i propri risparmi durante la crisi finanziaria dello scorso decennio o perché il mercato del lavoro ha cambiato le proprie regole. Ken Loach, lui, l’unico regista capace di raccontare con estrema partecipazione il mondo di chi lavora in questo nostro Occidente che ha pestato la dignità dei lavoratori, distruggendo la possibilità di creare famiglie, salvo poi a parole reclamarle. Solo il Cinema vero, non quello ormai destinato alle televisioni, sa con pura moralità essere non uno specchio ma un vero protagonista a fianco degli ultimi del nostro tempo, lavoratori sfruttati senza nessuna remora e senza nessun sindacato o partito politico interessato al loro destino.

Nello sguardo di Loach c’è una laica compassione c’è la coscienza di un dovere umano, quello di non voltare gli occhi di fronte alle tragedie degli altri uomini.

03/02/2020, 09:35

Augusto Orsi