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FILMMAKER FESTIVAL 40 - Tutti i film


FILMMAKER FESTIVAL 40 - Tutti i film
FILMMAKER compie 40 anni con un'edizione interamente disponibile in streaming, in programma dal 27 novembre al 6 dicembre. E se da un lato si augura di poter tornare presto dal vivo, incontrando il pubblico in sala, all'Arcobaleno e al Beltrade che lo hanno ospitato in questi anni, dall'altro è sicuro che la piattaforma offrirà l'occasione di incontrare – seppure, per adesso, da remoto – un pubblico nuovo, in tutta Italia.

Sette le sezioni in programma (Concorso Internazionale, Concorso Prospettive, Fuori Concorso, Fuori Formato, Moderns, Teatro sconfinato, Corrispondenze) per un totale di oltre 60 film provenienti da 20 paesi

Al centro della manifestazione, come sempre, il cinema documentario e – più in generale – “di ricerca”: un'identità netta e riconoscibile che da quarant’anni, all'interno di un panorama nazionale affollato di appuntamenti, fa di Filmmaker un punto di riferimento certo per chi vuole scoprire e sostenere nuovi autori, nuove forme cinematografiche, nuove relazioni con il pubblico. E non è un caso che tra i “nuovi” autori portati per la prima volta all'attenzione degli spettatori italiani, figurino nomi diventati col tempo degli autentici “classici”, da Ulrich Seidl a Frederick Wiseman, da Rithy Panh a Errol Morris.

EVENTO SPECIALE – APERTURA

L'apertura è affidata a Guerra e pace, il film – già applaudito nel concorso Orizzonti alla Mostra di Venezia e prossimamente nelle sale con Istituto Luce Cinecittà – che segna il ritorno al festival di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti: dal cinema delle origini agli smartphone di oggi, una riflessione sulle immagini che, come in un grande romanzo scandito in quattro capitoli (passato remoto, passato prossimo, presente e futuro), prova a ricomporre i frammenti della memoria visiva dai primi del Novecento a oggi.

CONCORSO INTERNAZIONALE

Nell'anno della grande pandemia globale, non c'è aspetto della realtà che non sia in crisi: la tenuta del sistema economico e del tessuto sociale, la produzione e circolazione della cultura, i modelli politici, le (in)certezze scientifiche, le prigioni tecnologiche, le roccaforti spirituali e psicologiche. Se questa crisi cambierà tutto, mettendo tutto a rischio, non si può correre il rischio di rimanere fuori dalla Storia. I settori culturali devono piuttosto abbracciare questo rischio, esplorarlo, dargli un senso.

Filmmaker – e il suo concorso internazionale in particolare – si è sempre posto come una mappa testarda del tempo presente. E non rinuncia alla sua vocazione neanche quest'anno, proponendo un percorso di trincea lungo istanze che rimarcano fratture e interpretano la crisi come momento di ricostruzione democratica, umana e identitaria.

Il fluviale El año del descubrimiento di Luis López Carrasco e IMPA – La città di Diego Scarponi portano avanti un discorso puntuale sulla democrazia e sulla riappropriazione degli spazi (e) della memoria. Nel primo, un bar di Cartagena diventa una nuova agorà in cui punti di vista lontani e contraddittori riflettono sulle glorie olimpiche e i disordini sociali del 1992 spagnolo. Nel secondo, entriamo nella vita quotidiana della più antica fabbrica occupata argentina, una città dentro la città che è diventata scuola, compagnia teatrale, ambulatorio medico, laboratorio culturale e democratico. Senza dimenticare C'est Paris aussi di Lech Kowalski, rielaborazione documentaria di Un americano a Parigi, un confronto fra marginalità apolidi tra un nativo americano e gli immigrati che vivono in povertà nei sobborghi della capitale francese.

E poi il ruolo del dispositivo come presa di posizione formale e morale. È questo lo sguardo che veicola l’epopea di Purple Sea di Amel Alzakout e Khaled Abdulwahed, composto da immagini filmate dalla co-regista mentre il barcone su cui era in fuga dalla Siria si inabissava nel Mediterraneo; è la prospettiva che fissa Unusual Summer di Kamal Aljafari, mosaico di frammenti da una camera di sorveglianza che catturano le contraddizioni di un quartiere arabo in territorio israeliano; ed è l'occhio di Clarissa Thieme nelle lunghe inquadrature di What Remains / Revisited, viaggio nella memoria dei luoghi, testimoni silenziosi degli orrori della guerra in Bosnia.

Infine, l'identità come terreno ultimo di tutte le battaglie: come diritto all'autodeterminazione, allo sviluppo personale, alla memoria. Nello struggente Petite fille, Sébastien Lifshitz affronta con delicatezza le questioni di genere attraverso la storia di Sasha, 7 anni, che ha sempre saputo di essere una bambina anche se nata in un corpo maschile. Makongo di Elvis Sabin Ngaïbino ci porta fra i pigmei Aka in Repubblica Centrafricana dove due ragazzi non rinunciano a lottare per il loro diritto all'educazione (proiezione in collaborazione con COE e FESCAAL). In Ziyara, Simone Bitton ritorna in Marocco, terra di origine della sua famiglia, sulle tracce di una cultura ebraica solo parzialmente sommersa dalle migrazioni e dalla Storia. È dunque sempre un confronto faccia a faccia con il mondo e con noi stessi, come quello fra una madre e il figlio eroinomane in Petit samedi della belga Paloma Sermon Daï: fare breccia attraverso la crisi alla ricerca di un'umanità che resiste.

FUORI CONCORSO

Sette le proposte Fuori concorso di questa edizione.

Due maestri: Frederick Wiseman, tra i massimi cineasti viventi, già vincitore del Leone d’oro e dell’Oscar alla carriera, che con il suo ultimo City Hall entra nel municipio di Boston per raccontare l'importanza delle istituzioni democratiche americane messe in pericola dalla presidenza Trump, contrapposta al discorso politico del sindaco democratico Martin Walsh; e un altro Leone d’oro, Jia Zhangke (Still Life; Il tocco del peccato), che in Swimming Out Till the Sea Turns Blue ripercorre in diciotto capitoli la storia della Cina, intrecciando letteratura (con le opere di Jia Pingwa, Yu Hua, Liang Hong, Ma Feng) e cinema, e affermando la forza della parola come strumento per tramandare la memoria del Paese alle generazioni future.

Dopo la “carta bianca” di due anni fa, torna a Filmmaker Luca Guadagnino: il suo Fiori, Fiori, Fiori! è un sorprendente e tenero diario intimo, un viaggio in Sicilia, nei mesi del lockdown, per ritrovare amici, luoghi, ricordi di quand’era bambino.

In collaborazione con Casa Testori e Micamera, il nuovo lavoro di Fatima Bianchi, L’Ouvert, personalissima riflessione sull’evento ancestrale del parto.

Luca Ferri torna a Filmmaker con due nuovi lavori: La casa dell’amore, capitolo conclusivo (dopo Dulcinea e Pierino) della sua “trilogia dell’appartamento”, segue l’incontro con Bianca Dolcemiele, prostituta trans milanese (poi al centro di un fatto di cronaca: ma questa è un’altra storia). E Sì, titolo di apertura di un nuovo ciclo di cinque film, dove sul nero dello schermo materiali d’archivio passano dalla retorica pubblicitaria casalinga a scene di caccia e scuoiamento di orsi polari (come in un sogno da cui è impossibile svegliarsi, un’apnea notturna postprandiale che pare uscita dal Safari di Ulrich Seidl), mentre in split screen le parole compongo una lettera di placido suicidio imminente.

Infine Zona/ di Andrea Caccia, che insieme agli studenti del corso audiovisivo dell'istituto Rosa Luxemburg, nel quartiere Olmi a Baggio di Milano, si interroga sul significato della vita in periferia. Lo fa attraverso le immagini filmate con i loro smartphone dai ragazzi, ma il progetto fatica a prendere forma, ogni testimonianza porta il racconto verso una direzione inedita, che rifugge le strutture narrative lineari, per condurci verso una sorta di arcipelago. Dove desideri di emancipazione, di normalità e famiglia, lasciano spazio a giornate vuote e nottate spese a ballare, tra assurde letture di Brecht, palestre di pugilato e polpette della nonna. Pesca e McDonald, karaoke e noia. Ognuno sulla propria isola, in attesa di scorgere all’orizzonte l’isola che non c’è.

CONCORSO PROSPETTIVE

La sezione Prospettive vuole essere un laboratorio di idee, un momento d'incontro e di scontro tra visioni e punti di vista desiderosi di mettersi in gioco, uno spazio che immaginiamo capace di stimolare riflessioni e provocazioni. È, sin dal nome e dai suoi esordi una sezione che rischia e scommette. Sui film che presenta, ma soprattutto sui loro autori.

Il Covid ci ha messi di fronte ad una nuova realtà che ci chiede di fare i conti con le nostre solitudini, le paure, la difficoltà a relazionarci, la nostra memoria. Una realtà che ci ha portato a ripensare non solo il presente, ma le stesse abitudini e priorità che fino a oggi abbiamo considerato acquisite. Una realtà che per alcuni ha addirittura messo in dubbio la capacità della scienza di trovare una soluzione – proprio come non hanno fiducia nella scienza i pastori protagonisti de Il rito di Silvia Perra, che invece di rivolgersi ai medici per far guarire le loro pecore si affidano a misteriosi riti magici.

Nella realizzazione dei loro film in questo periodo, i giovani registi del concorso Prospettive hanno dovuto compiere un percorso quasi obbligato. Chiusi in casa, per smettere di guardarsi in uno specchio che trasmette immagini distorte, la sola possibilità era rivolgere lo sguardo verso l'esterno, verso le nostre finestre.

Hanno lavorato così Sofia Di Fina in Restate a casa, le strade e i palazzi di una Palermo desertificata; o Filippo Romanengo, studente della Civica di Cinema di Milano che insieme ai compagni in Quadri dalla quarantena mostra il quotidiano di quattro ragazzi in un tempo in attesa trasformato in set, e ritmato dalle dirette Skype o dai cartoni delle pizze che si accumulano.

Chiusi in casa, anche loro in perenne attesa, sono i fratelli siriani raccontati da Laura Bianco in Lieder von zuhause mentre aspettano l’arrivo dei genitori dalla Siria; o la nonna di Astrid Ardenti, rinchiusa in una casa di riposo, con la memoria che la sta abbandonando, in Il tempo si distingue tra le tue mani.

E proprio il recupero della memoria è un altro dei temi affrontati dalla selezione. È da qui che cominciano i film di Stefano P. Testa e di Perla Sardella, Il secondo principio di Hans Liebschner e Le grand viveur, il primo alle prese con i filmini familiari, trovati per caso in un mercatino, di Hans Liebschner (soldato tedesco catturato in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, che nel campo di prigionia si innamora di un'italiana – Iole – e rimane in Italia insieme a lei) commentati da due dei suoi figli che non si parlano da anni; il secondo che lavora coi Super 8 del cineasta montanaro Mario Lorenzini, girati tra gli anni Sessanta e Settanta, in cui si narrano “uomini forti”, e “eroi solitari”. Ma come succede anche a Ilaria Pezone, che in Incedere + Retrocedere = Ascendere (Testamento) ragiona su se stessa, sul suo passato e sul suo presente, indagando sui grovigli del proprio “io”.

La pandemia ha dunque mutato il nostro agire quotidiano, ma non i presupposti sui quali si basa la nostra società: lo sfruttamento, per esempio, raccontato in Alo di Francesco Catanese e Chiara Valenzano, con i prospectors africani che scavano la terra per trovare pietre preziose che gli europei venderanno poi nelle loro gioiellerie; o i sinti di Piazzale Europa, a Pavia, raccontati da Andrea Sanarelli, Marta Innocenti, Eleonora Ferri e Mariano Beck, che non credono alla possibilità di avere strade con cui deviare dalla tradizione.

Stiamo cambiando, ci ritroveremo diversi, e, dal chiuso delle nostre stanze, non potremo non porci la domanda, che si fa il protagonista senza volto di dafne di Giulio Melani: “Chi siamo noi, noi umani nascosti?”

Tre, inoltre, i titoli fuori concorso: Blocconove di Léa Delbès, Federico Frefel e Michele Silva, l’amore tra Miriam e Kevin sullo sfondo delle Case Rosse di Niguarda; En ce moment di Serena Vittorini, storia d'amore tra due giovani donne (la regista e la sua compagna), in Belgio, durante il lockdown imposto dalla pandemia; e Covid Movie, il film coordinato da Yuri Ancarani con gli studenti del corso di video arte del triennio di Pittura e Arti Visive della NABA: un lavoro collettivo di reintrepretazione e racconto dell’esperienza del lockdown, che raccoglie sguardi diversi su un mondo diventato all’improvviso estraneo.

FUORI FORMATO

Due i programmi di quest’anno, entrambi a cura di Tommaso Isabella: il primo dedicato a Johannes Gierlinger, il secondo a Antoinette Zwirchmayr, con cui, dopo gli omaggi a Peter Tscherkassky e Eve Heller, Johann Lurf, Siegfried Fruhauf, Kurt Kren, Friedl vom Gröller, Gerhard Friedl e grazie alla collaborazione del Forum austriaco di cultura a Milano prosegue la ricerca sulla sperimentazione cinematografica austriaca del passato e del presente. L'intento questa volta è quello di mettere in dialogo le opere di due giovani filmmaker tanto diversi nei loro rispettivi approcci quanto affini nella ricerca di forme riflessive ed enigmatiche che intreccino memoria e storia, autobiografia e saggio, allegoria del presente e immaginazione utopica. Sei i titoli di Antoinette Zwirchmayr che comprendono la sua Trilogie: Woran ich mich erinnere (Der Zuhälter und seine Trophäen; Josef — Täterprofil meines Vaters Josef — My Fathers Criminal Record; Im Schatten Der Utopie The Shadow Of Utopia). E poi: Haus und All; Jean Luc Nancy; Die seismische Form.

Cinque invece quelli di Johannes Gierlinger: A subsequent fulfilment of a pre-historic wish; Die Ordnung der Träume; In Platons Höhle?; Remapping the origins; Chawani, bashi?.

FILMMAKER MODERNS

Cinque i “moderns” a cui quest’anno Filmmaker rivolge la propria attenzione: in My Big-Assed Mother Tekla Taidelli fa “incontrare” Abel Ferrara e Charles Bukowski, nel centenario della nascita dello scrittore. Di più: Ferrara “diventa” Bukowski e fa un reading del suo racconto per una folla di avventori, mentre i personaggi prendono vita nelle immagini del film: un groviglio di corpi in una notte dentro una stanza squallida, fra vino e tentativi di irruzione della polizia – la messa in scena di una corrispondenza a distanza fra il lavoro del regista newyorkese e quello di Bukowski: contro i dogmi, anarchici, insofferenti al tentativo di imporre alle loro immagini una finalità prestabilita, alla ricerca dell'umano nei luoghi più inaspettati.

Prosegue l’esplorazione dell’universo di Francesco Ballo, con sei film brevi che spaziano dal 1969 di Milano dal Duomo ai giorni nostri. E ancora, un nuovo capitolo – il quarto, Un giro in giostra – delle Passeggiate di Mauro Santini; Il silenzio del mondo di Riccardo Palladino, sperimentazione giocosa sul mezzo e la visione realizzata in 16mm; e Apocastasi di Daniele Maggioni, che a partire dai materiali d’archivio dell’autore racconta una storia d’amore che diventa anche una riflessione sul conflitto tra ciò che si è diventati e ciò che si voleva essere.



TEATRO SCONFINATO



Nuova sezione, questa Teatro sconfinato, per mettere in rilievo una linea di ricerca che Filmmaker segue con coerenza e curiosità da sempre, tra cinema, scena, performance e danza.

In Er Marco Martinelli si concentra sul volto, la voce e il corpo di Ermanna Montanari: negli spettacoli e nelle avventure cinematografiche che passano sullo schermo va a comporsi una specie di storia soggettiva e sentimentale del Teatro delle Albe e del sodalizio di Marco ed Ermanna.

Raffaele Rezzonico in A Time to Mend confronta il proprio sguardo con la performance di Flora Vannini, proponendo un’esperienza audiovisiva originale e potente.

Con il progetto Transfert per Kamera – realizzato e prodotto da Filmmaker con Santarcangelo Teatro e Riccione Teatro – cinque giovani documentaristi si sono misurati con altrettanti spettacoli messi in scena nell’estate 2020 a Santarcangelo. Il film che presentiamo è il risultato dell’incontro di Chiara Caterina con Benjamin Kahn, di Maria Giovanna Cicciari con Virgilio Sieni, di Riccardo Giacconi con El Conde de Torrefiel, di Enrico Maisto con Fanny&Alexander, di Leandro Picarella con ZimmerFrei, altrettante tessere del ritratto collettivo di una città che per una settimana si trasforma in un teatro, aperto, accogliente, politico.



CORRISPONDENZE



Nella primavera del lockdown, mentre si lavora a distanza alla fabbricazione di Filmmaker 40, ci siamo molto interrogati su cosa fare per i nostri primi quarant’anni, in una situazione così inedita come quella provocata dalla pandemia.

L’idea di tutti noi, il nostro desiderio, è stata subito di metterci in relazione con gli autori che abbiamo presentato negli anni creando una rete di Corrispondenze – come le vecchie missive di un tempo ma anche nel senso di un’affinità scoperta tra chi ha conosciuto il reciproco lavoro qui da noi. Questo perché ci piace pensare che un festival, e soprattutto un festival come Filmmaker, sia una comunità, uno spazio di incontro tra gli artisti e il pubblico. E anche un laboratorio in cui i registi possono trovare nuove suggestioni e scambi intorno al proprio lavoro.

Dai primi suggerimenti sono nati i lavori di Gaia Giani e di Lee Anne Schmitt – 132 moons/cry love – una suggestiva e toccante corrispondenza tra Milano e Los Angeles; o ApocalypsEver di Luis Fulvio, conversazione a distanza sulle immagini di Roma durante il lockdown di primavera tra l’autore e Franco Maresco.

Dopo la riapertura ovunque i ritmi hanno accelerato, ciascuno ha provato a riprendere le cose laddove si erano bruscamente interrotte, set, lavori, progetti. Corrispondere per immagini diventato così più difficile ma gli autori hanno voluto ugualmente essere presenti, manifestarci il loro essere con noi, inviando a noi, a Filmmaker e al nostro pubblico di sempre e nuovo dei piccoli gesti di cinema: haiku per immagini che affermano la loro aderenza a questa strana ma meravigliosa comunità, una costellazione sempre in movimento come sarà – per natura – in progress questa sezione, aperta ai nuovi contributi che si aggiungeranno nel tempo.

Da Michelangelo Frammartino con un frammento girato durante la preparazione del suo prossimo film, Il buco, a Carlo Hintermann con la sua Lettera a un gatto – ironico e appassionato atto d’amore per il cinema. E poi Ben Rivers, già protagonista di una nostra retrospettiva (The House Was Quiet), Micol Roubini, quest’anno nella giuria del concorso Prospettive (How Did My Eyes Go Blind?), Diego Marcon, Anna Franceschini, Alex Gerbaulet, Bruno Bigoni, Francesco Fei, Francesco Clerici, Mauro Santini. Monica Stambrini (Il problema), scanzonata riflessione su un uomo e una donna che si guardano. Danilo Monte col suo Archivio: frammenti di vita e di cinema con Alberto Grifi. E ancora: Titta Cosetta Raccagni, Antonio Di Biase, Leandro Picarella, Lech Kowalski, Nicolas Klotz ed Elisabeth Perceval.



WORKSHOP



Filmmaker con MFN - Milano Film Network e la collaborazione della Scuola civica di Cinema Luchino Visconti di Milano organizza anche quest’anno alcune lezioni aperte all’interno del progetto In Progress Lab.

Giovedì 26 novembre Carlo Hintermann terrà una lezione sulla progettazione del film, mentre da mercoledì 2 dicembre Massimo D’Anolfi e Martina Parenti saranno al centro di tre conversazioni sul loro lavoro: dal tema della messa in forma del reale, alla peculiare organizzazione produttiva fino al rapporto con Massimo Mariani nella composizione della colonna sonora dei film.

24/11/2020, 17:50