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LUCA CABRIOLU - "Un futuro senza i cinema non può esistere"


Intervista al produttore dell'opera prima di Giovanni Aloi "Tensione superficiale", tra la valorizzazione delle location nel cinema alle difficoltà produttive in tempi di Covid.


LUCA CABRIOLU -
Da poco uscito sulle piattaforme Chili e #IORESTOINSALA, "Tensione superficiale" è l'opera di esordio di Giovanni Aloi, sceneggiata dal regista con Heidrun Schleef e Nicolò Galbiati e interpretata da Cristiana Dell’Anna.
A produrla è stata Ombre Rosse Film Production, e a raccontarci la genesi del progetto e le difficoltà del mondo della produzione al tempo del Covid è Luca Cabriolu.

Come produttore ha puntato su un giovane autore, Giovanni Aloi, che già nei primi corti aveva dedicato grande attenzione alle difficoltà e alle storture del mondo del lavoro. Cosa l'ha colpita del soggetto originale, che mette al centro una donna determinata a combattere paure e stereotipi provocati dalla società moderna, e in che modo lo ha accompagnato verso il suo esordio nel lungometraggio?
Quando, all'indomani del Festival di Cannes dove Aloi era selezionato col corto"A passo d'uomo", decidemmo di collaborare, Giovanni ci sottopose alcune idee di lungometraggio tra le quali appunto quelle di "Tensione superficiale" che ci sembrò, da subito, vincente. L'idea di un tema cosi delicato come la prostituzione era molto interessante perchè Aloi aveva trovato questa chiave di lettura geniale: l'ambientazione in Tirolo, una regione a cavallo tra l'Italia e l'Austria. una continuità geografica e linguistica ma non sociale e politica, contrasto che poteva dare luogo a delle forti tensioni drammaturgiche che sono poi quelle che ritroviamo nel film. Un grosso sprint alla storia è stato dato anche quando abbiamo deciso di comune accordo di collaborare con la sceneggiatrice Heidrun Schleef che ha accompagnato il regista negli snodi più intricati e che, da donna e madre ha aggiunto delle sfumature fondamentali. Fondamentale è stato anche il supporto della Idn di Bolzano, una Film Commission davvero ottimamente strutturata sia dal punto di vista produttivo che artistico con tanti talenti in tutti i reparti che ci hanno permesso di arrivare a questo risultato.

Il Lago di Resia fa da sfondo alla vita quotidiana della protagonista, una location che negli ultimi anni è stata centrale per produzioni cinematografiche, come la vostra, e seriali. Da dove nasce la scelta di quei luoghi, e guardando oltre la pandemia, pensa che il cinema un domani possa ancora essere un buon volano per rafforzare le scelte turistiche e culturali della gente?
Il Lago di Resia è davvero un protagonista aggiunto della storia e possiamo vantare di essere stati degli apripista, poichè prima di noi è stato girato solo un documentario. Fu Giovanni a scoprirla in una dei suoi viaggi alla ricerca di storie e, seguito ad un primissimo sopralluogo esplorativo, anche per l'incontro con i responsabili della Idm, Curon ed il Lago di Resia sono diventati imprescindibili anche perchè il magnifico campanile è funzionale alla storia anche simbolicamente. Rappresenta qualcosa che emerge, e nel caso della protagonista è la cosapevolezza di se, della sua femminilità e della sua personalità. E' stato fantastico vedere, prima il libro di Balzano che parla della storia incredibile di questi luoghi e poi le varie serie girate qui come "Curon" che hanno contributo a fissare nell'immaginario questo piccolo angolo di paradiso, e ancora di più lo è stata la notizia che Curon concorre con altre 4 location al premio per la Miglior ambientazione europea per il cinema e si, credo che, soprattutto quando si parla di luoghi ancora non utilizzati al cinema, il turismo può giovarne enormemente e contribuire a farli diventare iconici.

Ombre Rosse è una giovane casa di produzione che spazia tra cinema di finzione e documentario. Quanto la pandemia da Covid19 ha stravolto le regole della filiera produttiva, e come vi state muovendo tra le varie restrizioni sui set?
Anche se fortunatamente siamo riusciti a girare due bellissimi cortometraggi poco prima della pandemia, "La fidanzata di Pasolini" di Sergio Scavio e "Il custode e il fantasma" di Christian Filippi con Simone Liberati, purtroppo abbiamo dovuto rimandare uno shooting previsto a settembre perchè le spese aggiuntive erano davvero eccessive per noi. Si tratta di un progetto al quale teniamo tanto, che ci permetterà finalmente di girare un lungometraggio nella nostra regione. La speranza è che la situazione migliori e i costi accessori per la sicurezza covid si abbassino, perchè ancora sono davvero troppo grossi per le piccole e medie società di produzione.

"Tensione superficiale" fa il suo debutto su due piattaforme digitali, Chili e #iorestoinsala. Pensa che il digitale, al di là del momento attuale, possa essere una nuova opportunità per supportare quelle opere, quelle produzioni e quegli autori che spesso hanno difficoltà a fare uscire il proprio film sul grande schermo?
Non è facile fare previsioni certe. Io stesso ho fatto molta resistenza alle piattaforme, anche se devo ammettere che alcuni ottimi prodotti seriali ci sono. Trovo che il sistema sale e le grandi realtà online dovrebbero collaborare. Non dimentichiamoci che la radio fu data per morta all'indomani dell'invenzione della tv ma è tutt'oggi il media più seguito, che già negli anni '70 le serie stavano seppellendo il cinema ma i grandi kolossal d'autore le diedero nuova e piu lunga vita, e che l'avvento dell'home-video fu accolto malissimo inizialmente salvo diventare parte integrante della filiera produttiva. Il cinema in sala non può morire, perché è un'esperienza catartica. Le luci si spengono, si è circondati da perfetti sconosciuti, lo schermo sarà più grande di qualsiasi schermo ci si possa comprare per casa e, soprattutto, non si verrà interrotti sino alla fine da nessuno. Vanno forse ripensate le sale, che devono essere di nuovo luoghi di incontro, con spazi di interazione necessari, al centro di una vera vita sociale e non più solo “social”. Immagino anche che si debba mutuare il sistema distributivo francese che garantisce percentuali nazionali a certe programmazioni più variegate, che tendono ad evitare le proiezioni in loop di ogni singolo titolo in cartellone per dare spazio a più titoli possibili. Voi lo immaginate un mondo senza sale cinematografiche? Per me è fantascienza, ma la fantascienza va vista in sala.

25/02/2021, 21:40

Antonio Capellupo