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LYDA PATITUCCI - "Sono la regista dei film d'azione"


La regista di "Come pecore in mezzo ai lupi" intervistata a Torino ospite del Contemporanea International Film Festival


LYDA PATITUCCI -
Lyda Patitucci (Foto Andrea Pirrello)
Ospite di chiusura della seconda edizione del festival Contemporanea di Torino, la regista Lyda Patitucci ha introdotto in sala insieme ai co-direttori Fulvio Paganin e Giulia Magno la proiezione della sua opera prima, "Come pecore in mezzo ai lupi". L'abbiamo intervistata pochi minuti prima della serata finale.

Il film è uscito in sala a metà luglio ma continua a girare per festival e a trovare nuovo pubblico.

Sono molto contenta e soddisfatta del percorso festivaliero che sta avendo il film, l'ho presentato a gennaio a Rotterdam e ora lo sto accompagnando ai festival di cinema italiano all'estero (sono stata in Israele, in Svezia, ora a Belgrado, prima Sarajevo...), in posti anche più avvezzi dell'Italia a questo tipo di film, da noi film d'azione se ne fanno pochissimi...
Una cosa importante per me è vederlo con il pubblico, percepire la temperatura della sala, e poterlo fare in contesti così diversi tra loro è prezioso: ho la sensazione che questo mio lavoro, anche visivamente, abbia un allure nordico e portarlo in Svezia è stato molto bello, così come mi attendo molto dalla prossima tappa in Francia, mi interessa molto farmi testare da loro, sono anche le mie cinematografie di riferimento.
In Italia abbiamo avuto un blocco storico sui generi, quelli che escono dai canoni del comico-drammatico-romantico: la volontà di definirci autori è diventata una gabbia intellettuale, alcuni film sono stati screditati solo perché di successo o popolari, e una gabbia di comodo, perché non si è investito in tecnologia e budget più alti necessari per questo tipo di progetti.
Questa cosa l'ho anche vissuta in prima persona sulla mia pelle, ho associato per tanti anni la difficoltà di unire l'opera prima, che è sempre un azzardo per chi produce, e quello di genere, volevo fare film che non erano "due attori in una stanza" e quindi necessitavano un po' più di soldi. A Contemporanea il focus è sul cinema fatto da donne: in questo senso qualcosa per fortuna si sta muovendo, ma solo ora. Di certo essere donna non mi ha aiutato in questo percorso.
Io faccio semplicemente quello che mi piace vedere da spettatrice, sono i film che ho sempre amato. Un'uscita a metà luglio non ti fa pensare al successo al botteghino, ma uscire in quel periodo mi ha permesso di avere un confronto molto virtuoso con la critica: sono contenta perché mi sembra che l'esterno abbia molta voglia di questo tipo di prodotto.

Lei ha l'etichetta di "regista brava con le scene d'azione", grazie al suo apporto a film come "Veloce come il vento" o "Il primo re": ma come si impara questo aspetto?

Perseguendo questo obiettivo con forza!
Volevo fare regia ma non avevo grandi collegamenti con questo mondo, ho quindi fatto l'università e poi ho iniziato a studiare montaggio, sono andata a Roma a fare una sorta di stage ma volevo andare sui set. Solo che oltre alla difficoltà di accedervi, capivo che una parte di quello che mi interessava non lo avrei mai imparato, semplicemente perché non si producevano film simili, con scene d'azione per capirci, e per imparare certe cose l'unica via è farle...
C'era una grossa ritrosia, e un po' c'è ancora: ogni germe di progetto che io provavo a sviluppare riceveva dei no a monte, bisognava sempre spendere meno. Io volevo continuare e quindi sono andata in Spagna, avevo famiglia lì e potevo approfittare di un divano (scroccare divani è stato fondamentale per molto tempo) e inoltre là si viveva un momento, legato soprattutto allo studio Filmax, in cui uscivano molti film horror e d'azione.
In Spagna la grande differenza era che prendevano in considerazione tutto, non escludendo a prescindere alcun progetto. E poi ti insegnavano come fare i film che mi piacevano con il budget che c'era, dei metodi ci sono: la prima cosa che ho imparato è stato come preparare le riprese, tutta la pianificazione che è un aspetto fondamentale.

E a quel punto è tornata in Italia.

Esatto, questo bagaglio personale l'ho riportato in Italia: volevo fare un film da una serie di romanzi con protagonista una cacciatrice di taglie, una cosa anche molto grossa e difficile, allora ho pensato di girarne un teaser in cui suggerivo l'azione e di mandarlo alle case di produzione che mi piacevano e mi sembravano potenzialmente interessate. Che sono poi state quelle con cui ho lavorato dopo, in particolare con Matteo Rovere, che ai tempi era ancora in Ascent, non esisteva Groenlandia.
Matteo ha una capacità analitica eccezionale, ha visto quel teaser e dopo qualche minuto di riflessione mi ha confidato che non lo produceva perché per lui era troppo grosso. Ma sono quei no preziosi, che non ti fanno perdere tempo e non ti creano illusioni.
Un anno dopo circa doveva girare "Veloce come il vento", prodotto da Fandango (giri del destino: saranno loro a distribuire il mio primo film), e cercava una persona che dirigesse la seconda unità. Si girava durante il vero campionato GT di rally: lui si sarebbe occupato della parte con gli attori e serviva qualcuno per riprendere il più possibile delle macchine dal vivo, senza possibilità di recuperarle in un secondo momento.
Ero in lizza insieme ad altre persone ma ho iniziato a fare una serie di proposte su come immaginavo si potessero effettuare quelle riprese, grazie a ciò che avevo imparato sul campo in Spagna, e mi ha scelta. Mettevo in pratica le mie competenze.

Con Rovere è stato l'inizio di un lungo rapporto.

Abbiamo poi consolidato questo nostro modo di lavorare e l'ho seguito sui sequel di "Smetto quando voglio", "Il primo re", ma anche per "Il Campione" sulle scene di calcio, creandomi una mia specifità e una professionalità peculiare. In Italia non c'è la cultura della "seconda unità" perché in molte produzioni non ce n'è bisogno, è una regia molto tecnica, che costa, e quindi spesso viene sacrificata.
Tutto questo mi ha permesso di imparare un linguaggio, un metodo che mi ha portato a fare altre esperienze: sono ormai quindici anni che vivo solo di regia, ci ho messo tanto a esordire ma ci sono arrivata con la piena consapevolezza di ciò che volevo fare e con la fiducia del produttore.
Ho addosso l'etichetta di quella brava con le scene d'azione, vero, ma è un'etichetta che mi corrisponde, perseguo le mie idee di cinema.

Come è arrivata a girare "Come pecore in mezzo ai lupi"?

Il film me l'ha proposto Matteo. Venivo da tanti progetti scritti, arrivati in sviluppo e sempre più vicini alla produzione, ma ogni volta succedeva qualcosa e non si arrivava sul set, passavano gli anni e avevo bisogno di lavorare.
Con Indiana è arrivata la serie "Curon", di cui ho diretto tre puntate e mi ha permesso di iniziare a lavorare con gli attori. Intanto con Matteo provavamo sempre a fare insieme qualcosa ma a quel punto dovevo essere sicura che il progetto partisse, non potevo più permetterlo economicamente ed emotivamente.
Sapeva che questa sceneggiatura mi sarebbe piaciuta! Me ne sono innamorata anche perché al centro c'è una storia tra fratelli molto interessante da esplorare, aveva tutte le caratteristiche che cercavo.
A quel punto è andato tutto abbastanza veloce, non è neanche il mio film con più scene d'azione (anche perché per quelle serviva un budget molto più alto!): a me interessava lavorare sui personaggi, quindi bene così.

E ora, la situazione per lei è migliorata?

Vedremo, spero di essere diventata più finanziabile!

18/10/2023, 17:05

Carlo Griseri