Note di regia del film Flòr da Baixa
Realizzato senza sceneggiatura, autoprodotto, girato a basso costo senza messa in scena, camera a mano, rubando nella vita di inconsapevoli ‘attori’, Flòr da Baixa si è composto da sè, un viaggio dopo l'altro, sulla semplice traccia della distanza e dell'assenza. Nasce dall’omonimo cortometraggio di dieci minuti del 2004, che doveva il titolo al nome di una piccola e vecchia pensione del centro di Lisbona, nella Baixa appunto, ritrovata in una ‘coda’ di una ripresa in hi8, a dieci anni di distanza da un viaggio in Portogallo. Questo frammento, della durata di un secondo, dilatato, deformato e ‘stirato’, secondo un metodo a me molto caro di ricerca delle immagini (una sorta di found-footage autobiografico), divenne così il fulcro di quel video, nel quale era già presente il soggetto di questo lungometraggio: il distacco, l’attesa di un ricongiungimento e il sentimento dell’assenza, intesa come vuoto, mancanza.
Nei due anni seguenti ho raccolto altro materiale a Rio de Janeiro, Taranto e Marsiglia. Dal viaggio in Brasile è nato un video, presentato al Torino Film Festival 2005, che, raccontando la città ‘in soggettiva’, rappresentava il controcampo di Flòr da Baixa, narrando, dagli occhi del viaggiatore, il fascino della scoperta di un luogo sconosciuto e coinvolgente, seguito però dal sentirsi soli, come in qualsiasi altro luogo.
Poi c’è stata Marsiglia dove, nelle immagini di una notte e del mattino seguente, lo sguardo diviene spettatore partecipe di un’umanità presente e vicina, malgrado la distanza e il filtro delle persiane della finestra d’hotel dalla quale vengono mostrati gli eventi.
E ancora a Taranto, addentrandosi nei vicoli della città vecchia, disposti a perdersi, trovando sui muri, nella pioggia, nelle carrellate notturne dall’auto, solo il vuoto e l’assenza che a Rio e a Marsiglia si erano manifestati in forme diverse.
Dopo Taranto e la sua malinconia non poteva esserci che il ritorno a Lisbona e il tentativo di ritrovare il Flòr da Baixa e la donna attesa.
Ho ripreso ognuna di queste città senza alcun vincolo dato da una sceneggiatura o da una traccia scritta, scoprendole, lasciando che mi trasportassero. Le ho riprese avendo sempre presente il sentimento un po’ melanconico della distanza e dell’assenza che appartiene a questo film e allo sguardo protagonista del viaggio. E’ stato un po’ come interpretare un sentimento con gli occhi, come un attore interpreta un ruolo entrando nel personaggio: ogni cosa ripresa e trovata era intesa come una scoperta, qualcosa da conservare, da donare a qualcuno, qualcosa da condividere al ritorno.
Lisbona è invece mostrata tramite la presenza costante della figura femminile, che si muove in una città conosciuta e ci porta nei mercati e nelle taverne, sulla piazza e su tranvetti traballanti, fino a condurci nella sua stanza e infine alla Pensao Flòr da Baixa, ritrovata con grande emozione dopo dodici anni da quella prima inquadratura: il luogo in cui riunire i due sguardi, come in un abbraccio tra due persone che si ritrovano dopo lungo tempo, affinchè possano, dalla finestra dell’hotel, vedere finalmente la medesima immagine.
Mauro Santini