Note di regia del film Forse Sì... Forse No...
C’è oggi una tendenza diffusa, soprattutto nel cinema italiano, a raccontare il disagio attraverso film drammatici, ma si può anche scegliere di far luce su certi aspetti rivelatori della società contemporanea facendo ricorso al registro comico o addirittura grottesco.
Questo film vuole rappresentare un tentativo di cogliere i caratteri peculiari di un’esperienza di vita, solo in apparenza superficiale ed evasiva. Rapportarmi a uno spaccato che conosco bene, che in un certo senso mi riguarda direttamente, m è sembrato il modo più diretto e onesto per arrivare a questo. E’ il mondo in cui si muovono i ragazzi della mia età, quelli che si ritrovano a dividere un appartamento senza neanche conoscersi, ragazzi che studiano, o hanno terminato gli studi – non fa nessuna differenza – e si avviano ad entrare nel mondo del lavoro, accomunati dall’attesa di qualcosa che, nel bene e nel male, imprimerà una svolta alla loro vita.
Esiste un luogo comune che vede la generazione di cui faccio parte, animata – sarebbe più giusto dire inanimata – da una svogliataggine generale. Non c’è cosa più infondata: non è vero che i ragazzi della mia età non facciano niente per arrivare a raggiungere l’obiettivo che si sono posti.
Il problema è che oggi, nella maggior parte dei casi, si studia e ci si impegna per costruire un progetto… ma subito, non appena ci si affaccia nel mondo “degli adulti”, ti viene chiesto di accontentarti di altro. Allora si scende a compromessi, nonostante si sia studiato per molti anni – e casomai anche lavorato per pagare gli studi – o si ripiega sul precariato. E’ la condizione di moltissimi ragazzi più o meno della mia età, laureati o no, con qualche anno in più o in meno – non a caso, nel film, non viene evidenziata l’età dei protagonisti e non si rivela cosa facciano – tipica della fase in cui aspettano risposte e certezze. Sono i ragazzi del ceto sociale medio, lontani dai ricchi e borghesi (spesso rappresentati con grandi automobili, con il bicchiere di alcool in mano, occupati a presenziare grandi e riuscitissime feste…), ma lontani anche dai figli delle classi più povere, che di iniziare a studiare non possono neanche permetterselo, perché già da adolescenti si ritrovano inseriti in un meccanismo che li costringe a cercare di “sopravvivere”. Sono ragazzi che, tra compromessi e attese, vivono lontano dagli sguardi delle famiglie, studenti fuori sede che dilatano la loro giovinezza nel tentativo di rimandare l’entrata nel mondo delle scelte e delle responsabilità.
E’ una transizione che può riempirsi di cose senza senso, generare comportamenti che sfociano nella patologia, ma in questa sospensione trovare anche la sua realizzazione.
Stefano Chiantini