Intervista al regista Louis Nero sul film "Pianosequenza"
Raccontaci come nasce Pianosequenza.
Louis Nero: Pianosequenza nasce come un esperimento ed una scommessa allo stesso tempo. Infatti dopo il mio ultimo film Golem, in cui il montaggio era l’aspetto predominante, ho sentito il bisogno di realizzare un lavoro dove tutte le sensazioni scaturissero soltanto dall’uso del tempo e dell’inquadratura. Da qui sono quindi partito per realizzare il progetto.
Dal punto di vista produttivo, come vi siete organizzati? Quanto è costato il film? Come avete formato troupe e cast ?
Louis Nero: Noi siamo un’associazione culturale, quindi abbiamo reperito i fondi in parte tra i soci e in parte dagli introiti di Golem. Finora abbiamo prodotto tutti film a low budget. Diventa difficile però stabilire una cifra, perché l’impegno e la passione profusi per realizzare questo progetto non sono quantificabili.
Per quanto riguarda la troupe, di solito affidiamo i ruoli generici a tirocinanti universitari; ai quali, in cambio della disponibilità e dell’ impegno, insegniamo “ il mestiere del cinema ”. Gli attori invece sono stati scelti dopo un lungo casting aperto a tutti i professionisti, al quale si sono presentati in 2500.
Dal punto di vista linguistico, in che modo il piano sequenza è stato fondamentale nel raccontare queste dieci storie?
Louis Nero: Il soggetto è stato realizzato in una sola notte, da me e dal mio co-sceneggiatore Thimoty Keller. Già a partire dalla realizzazione del soggetto abbiamo cercato di incrociare le storie dei personaggi, in modo che ognuno serva da tramite per passare al personaggio successivo e, in alcuni casi, anche a quello precedente.
In che rapporto vedi il tuo film con altri esperimenti del genere, come ad esempio l' "Arca Russa" di Sokurov?
Louis Nero: Io considero Sokurov un grande regista, ma credo che il suo film (per altro molto interessante) si sia limitato ad affrontare solamente il lato superficiale del linguaggio del piano sequenza. Infatti, secondo me, questa tecnica non consiste soltanto in una ripresa senza stacchi (altrimenti anche la ripresa a camera fissa di uno spettacolo teatrale si potrebbe considerare un piano sequenza ), ma deve contenere una ricerca sull’armonicità dell’inquadratura, e soprattutto un giusto bilanciamento fra primi piani ed inquadrature più larghe. Comunque i due film sono molto diversi, sia dal punto di vista linguistico che narrativo.
Secondo te, qual è il futuro delle produzioni digitali sperimentali?
Louis Nero: Credo che ormai per i giovani cineasti l’unico modo per entrare nel mercato sia quello di realizzare progetti unici, sperimentando nuovi linguaggi e nuovi orizzonti tecnologici. Infatti l’unica risorsa per i “registi sperimentali” è quella di distanziarsi il più possibile dall’idea di prodotto di consumo che sta monopolizzando il mercato cinematografico, realizzando opere che non si limitino a distrarre o divertire ma che spingano al confronto e stimolino la riflessione. Io sono per il ritorno del cinema alla sua vera indole di opera d’arte.
Come arrivare ad una distribuzione di massa?
Louis Nero: Io credo che la distribuzione debba essere considerata come un’operazione artistica, capace di far nascere nuove idee e nuovi canali espressivi, e non una mera operazione commerciale . Infatti un distributore, unendo la creatività a progetti culturali paralleli al film (come ad esempio il GolemCaravan) può realizzare un lancio pubblicitario che non ha nulla da invidiare alle majors, pur senza grandi investimenti di denaro. Credo che l’autore e il produttore si debbano fare carico anche del lancio distributivo.
Cosa suggerisci ai giovani cineasti che hanno voglia di fare un film in digitale?
Louis Nero: Di solito cerco di scoraggiare ogni persona che decida di intraprendere questa strada, con la speranza che qualcuno non mi ascolti. Ritengo, infatti, che siano necessarie determinazione e passione, unite al coraggio di percorrere strade non ancora battute, facendo di ogni film una scommessa.
02/01/2007