Note di regia del documentario "Case Sparse.
Visioni di Case che Crollano"
L’idea principale è di non mostrare le migliaia di case che crollano nelle campagne della valle del Po come malinconici resti del passato, ma come uno tra i più sorprendenti aspetti d’un paesaggio moderno. In un’epoca in cui si tende a restaurare tutto per cancellare le tracce del tempo, queste case portano i segni d’una profondità del tempo e così pongono la domanda: cosa fare delle nostre rovine, cosa fare di tutto ciò che è arcaico e sorpassato, e non può essere smerciato come un altro articolo di consumo? E’ un problema che diventerà sempre più pressante, e che già ora si pone nella riattivazione di molti luoghi lasciati in abbandono e trasformati in musei o spazi culturali.
Per l’uomo moderno la vecchiaia e la malattia sono una specie di scandalo.
Tutto ciò che crolla per vecchiaia (dalle case alle facce) deve essere sottoposto a una forma di restauro cosmetico. C’è da chiedersi se in tutto ciò non vi sia un tremendo rifiuto del mondo, che si spande sempre più con la produzione di immagini spettacolari di consumo.
A partire dai segni del crollo nelle vecchie case della valle del Po, si tratta di fissare lo sguardo sulle rovine e di imparare a guardarle non più come una malattia, ma come un aspetto che non è necessario nascondere con una forma di maquillage.
Si tratta di riattivare la semplice percezione delle cose poco osservate, la capacità di guardare il mondo esterno così come è. Forse il problema di fondo è che noi non crediamo più veramente al mondo esterno, crediamo solo a un’immagine di noi stessi da proiettare in base all’estetica spettacolare dei consumi (John Berger, nel suo ultimo libro, "
The Shape of a Pocket", ha parlato della "grande disfatta del mondo").
Gianni Celati