Note di regia del film "Grande, Grosso e Verdone"
La nascita di questo film è avvenuta quasi “su commissione”. Per spiegarmi meglio, tra il 2006 e il 2007 sono giunte quasi 1400 mail al mio Fan Club dove la richiesta o il suggerimento era sempre lo stesso: “
Facci vedere ancora una volta i tuoi personaggi…”. All’inizio non dico di esser rimasto sordo a questa valanga di richieste, ma certamente avevo un po’ di perplessità. Il pericolo maggiore era rappresentato dal combattere con il mio passato e l’allarme era quello di dover evitare assolutamente qualche patetismo nel trucco.
Mi sono così preso, come richiesto dal mio produttore, un mese di tempo per valutare l’opportunità di rimettere in pista tre dei miei più riusciti personaggi: il Candido di “
Un Sacco Bello” e “
Bianco, Rosso & Verdone”, l’Asfissiante Preciso e Logorroico di “
Bianco, Rosso & Verdone” e “
Viaggi di Nozze” e il Grande Volgare di “
Viaggi di Nozze”. Ma rifarli tali e quali sarebbe stato un grande errore. Ecco allora che, con gli sceneggiatori Piero De Bernardi e Pasquale Plastino, abbiamo pensato di estrarre il “dna” di questi tre caratteri ed immaginare una naturale loro evoluzione negli anni.
Quindi li ritroveremo sposati, con figli e con l’età precisa che mi appartiene. Un trucco efficace ma nuovo e direi anche sobrio.
Definire “
Grande, Grosso e… Verdone” un film ad episodi è sbagliato. Parlerei invece di tre piccoli film, tre piccole storie completamente diverse tra loro nello stile e nei toni. Non esiste comun denominatore se non il tema de “il candore contrapposto alla grande, immensa volgarità dei nostri tempi”. Questo tema lega le tre storie. La prima, quella della cattolica Famiglia Nuvolone, è una fiaba tragicomica di un nucleo famigliare alle prese con l’impossibilità di dare pace alla bara della mamma del capofamiglia, Leo Nuvolone, scomparsa il giorno di un grande raduno scout al quale i Nuvolone avrebbero dovuto partecipare con i loro due figli.
Il secondo episodio riguarda il professor Callisto Cagnato, docente di Storia dell’Arte alla Sapienza e di suo figlio Severiano. Vedovo di ben tre mogli, questo personaggio è di una cattiveria e diabolicità uniche. Il tema della doppia personalità di un uomo in apparenza serio, pieno di etica, stimato e temuto per la sua severità, si contrappone ad una vita assolutamente amorale, dissoluta, cinica e prepotente. Far ridere con questo personaggio era un’autentica scommessa. Ma credo di averla vinta con una delle mie migliori interpretazioni di sempre. Critica sociale e critica anche politica sono i punti di forza di questo “diavolo” che sembra uscito, anche per il suo rapporto con il candido e mite figlio, da un tetro racconto ottocentesco.
Moreno Vecchiarutti, sua moglie Enza Sessa e il loro figlio Steven, sono l’emblema della cafoneria di oggi. Ignoranti ma ricchi, grazie alla proprietà di un’infinita catena di negozi di cellulari, decidono (per ritrovare un dialogo ed una passione svaniti negli anni) di andare in vacanza nel luogo meno adatto a loro: l’Hotel San Domenico di Taormina, di sobria eleganza ed antica tradizione. Il loro figlio, diffidato allo stadio ed in cura da uno psicologo per il suo difficile carattere, è impresentabile quanto loro. Questa vacanza, un errore in tutti i sensi, frantuma il loro stanco rapporto ed andranno incontro ad una lite furibonda che li porterà a corteggiare, separatamente, di nascosto, due personaggi assolutamente sbagliati per entrambi. Due personaggi ben più volgari della loro volgarità. Se ne accorgeranno alla fine… E forse, l’errore da loro commesso, porterà al tentativo di ricomporre la loro relazione e a comprendere quanto erano falsi i miti da loro inseguiti.
La cura del direttore della fotografia, Danilo Desideri, è stata quella di dare un’impronta ben precisa a ciascuno dei tre piccoli film. Se il primo vive di colori favolistici, il secondo è un esercizio di stile fatto di luci ed ombre che ci riporta ad una letteratura cinematografica quasi nordica, molto lontana dai colori della commedia all’italiana. Ed il terzo si pone al servizio del tema: eleganza cromatica delle location e volgarità ben dettagliata nei volti e nelle acconciature estreme dei personaggi.
Ho messo tanta cura nella direzione degli attori, volevo fossero perfetti. Perché questo è un film che vive anche di caratteri e coralità. Ognuno di loro mi ha dato il massimo, tanto da ritenere questo cast il migliore in assoluto della mia carriera. E devo ringraziare per questo i miei collaboratori che, con passione ed amore, mi hanno aiutato in questa ennesima fatica, dove l’affiatamento e la perfetta sintonia me la faranno ricordare come una delle più belle pagine del mio ormai lungo lavoro.
Credo che molte battute ed atteggiamenti saranno destinati a rimanere nell’immaginario di gran parte del pubblico. Ma io non ho fatto altro che sottolineare, alla mia maniera, tutto ciò che ci circonda e che spesso ci passa ormai inosservato per assenza di stupore.
Visto quindi che i miei fan mi hanno indirizzato verso questo film, del quale sono veramente fiero, ho pensato che dovessero essere proprio loro a trovare il titolo e a togliermi le castagne dal fuoco. E così la proposta di uno di loro, Gabriele Cosmelli, ha trovato subito la stragrande maggioranza nella scelta. Da qui: “
Grande, Grosso e… Verdone”.
Carlo Verdone