Note di regia del film "L'Estate d'Inverno"
Volevo un film sull’abbandono e sulla paura di vivere fino in fondo le proprie emozioni, i propri sentimenti, la propria felicità, ma anche un film sul coraggio di affrontare e capire i propri errori, un film sul coraggio di crescere.
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L’Estate d'Inverno”: due personaggi e un set. In tempo reale.
Il tempo reale era necessario per rendere il film il più “realistico-tridimensionale” possibile.
Un incontro di poco più di un’ora in una suite di un motel, una breve storia che non poteva che essere raccontata con l’esposizione nuda e cruda di tutti gli eventi, senza nessun salto temporale: un impatto dirompente sullo spettatore che riflette la violenza che ha sui protagonisti. Grazie al tempo reale lo spettatore viene immerso fin dall’inizio nel flusso della storia, nei suoi dialoghi, nei suoi ambienti, tanto che può quasi sentire l’odore che aleggia nella camera, il calore dei personaggi, il profumo dei loro corpi.
Per fare ciò occorrevano attori di formazione rigorosamente teatrale: Pia Lanciotti e Fausto Cabra, tutti e due diplomati alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano e da anni sulle scene nazionali ed internazionali. Attori che riuscissero a reggere un impatto “spietato” con il pubblico, basandosi solamente sulle loro figure e capacità.
Il set unico è il terzo personaggio. In questo film, infatti, il set ha una valenza particolare perchè è lo specchio esatto della situazione in cui si trovano i due protagonisti. All’inizio del film è il loro mondo: un mondo piccolo e chiuso, con lo strettissimo necessario per andare avanti ma niente di più, un mondo circondato dal caos e dal gelo della tempesta che imperversa, ma comunque un mondo che ha una speranza, che al suo interno ha ancora del calore, poco, che lo tiene acceso e impedisce al gelo della tempesta di entrare. Fuoco circondato da ghiaccio: la suite del motel è "
L’Estate D’Inverno".
La fotografia restituisce fedelmente questo stridente contrasto, tanto calda all’interno della suite, di un giallo-oro con sfumature tendenti al rosso, quanto gelida all’esterno, blu metallico, azzurro e il nero della notte. Una scelta dettata dalla necessità di sottolineare il mondo esterno alla suite come un qualcosa di ostile, un qualcosa che rinchiude i protagonisti all’interno della stanza impedendo loro di uscire. Un’entità invisibile che a livello psicologico si traduce nelle paure dei due personaggi, negli orrori legati alle loro colpe e ai loro dolori che hanno gelato tutto quello che c’era di caldo in loro. Ora nelle loro anime è rimasto solo il calore della fiamma della speranza, la loro ultima forza.
Come tecnica di ripresa ho deciso di realizzare tutto il film come se fosse un film d’azione, come se ogni scena di dialogo fosse una sparatoria, con la sua miriade di punti macchina a coprire ogni millimetro della scena. Così, ho ricreato all’interno della suite un gran numero di set minori nei quali far muovere gli attori. Una semplice stanza è diventata in questo modo un alveare, con migliaia di cellette, di piccoli set e anfratti artificiali che danno una grande fluidità ai movimenti degli attori e forniscono una grande varietà di situazioni al film.
Davide Sibaldi