Note di regia del film "Aspettando il Sole"
Un film come un disco fatto da un dj. Un film fatto di storie campionate e remixate, di immagini raccolte, suoni, sensazioni, frullate e rimpastate per trovare nuova forma. Un film di parole, di voci che si inseguono tra una stanza e l’altra, creando un unico macro discorso, grave e leggero ad un tempo, sull’amore, la morte e tutto quanto di più sacro e futile abbiamo nella vita. Un film in cui le storie si rincorrono, i personaggi si sfiorano, come all’interno di un gigantesco termitaio, in cui migliaia e migliaia di storie, viste dall’alto, sembrano tutte uguali, mentre poi, sotto la lente del microscopio, acquistano dignità, logica, giustificazione, pur nella costante, inevitabile illegalità diffusa. Un film in cui nessuno è capace di essere onesto, giusto, retto. Ma proprio per questo ciascuno è umano, caduco, fragile e aggressivo, pronto alla difesa, e pronto a portare questa difesa fin oltre le barriere della morale, della civiltà e forse anche della sanità mentale. Un film che non è un insieme di storie brevi, ma è un’unica grande storia frazionata, smontata, maneggiata, masticata, commentata, interpretata di volta in volta in maniera differente, a seconda della situazione, a seconda di come sono date le carte, e a seconda di come le si vuole leggere. Il tutto immerso in una notte del 1982, dopo aver vinto i mondiali, poco dopo l’avvento massificato della televisione commerciale, e poco prima dell’invasione di cellulari e connessioni internet che hanno, di fatto, sancito la fine della possibilità di “isolarsi” dal resto del mondo.
Ago Panini