Note di regia del film "Schopenhauer"
Dopo il mio ultimo lungometraggio, realizzato con una grossa produzione e un budget professionale, ma poi molto penalizzato in sede di distribuzione, mi sono reso conto che in Italia, e forse non solo, è ormai impossibile fare con l’establishment produttivo alcun compromesso, né portare avanti in quei termini la propria ricerca.
Ho così cercato altre strade. Ho sperimentato. Ho insegnato per sopravvivere. E ho provato a mettere in piedi produzioni low-budget realmente indipendenti. Nel frattempo la situazione culturale del paese è a dir poco precipitata, così come quella economica.
Da tutto questo nasce Schopenhauer. Un film reso possibile da investimenti privati e dall’incontro con la giovane produttrice Gabriella Manfré. Un film costato meno di 100mila euro, ma al quale non manca nulla di quello che desideravo ci fosse. Sono tornato a lavorare a modo mio con quelle che chiamerei le materie prime del cinema, che sono poi la radice del mio amore per questo mezzo. Non mi interessa la loro abile manipolazione, il loro utilizzo funzionale. Credo che tutto ciò che conta sia già nella scelta. Nella scelta della materia prima come di un blocco di marmo o di un pezzo di legno. Dopodiché si tratta solo di rispettarne la natura. Le materie prime, per un cineasta, sono naturalmente i luoghi e gli oggetti, i corpi e le personalità degli interpreti, così come i supporti di registrazione visiva e sonora. Dall’accostamento di questi elementi nasce la struttura narrativa, e non viceversa.
Sono felice di avere ritrovato questo approccio. Mi mancava molto.
Giovanni Maderna