Note di regia del film "Italians"
A me non piaceva molto viaggiare, insomma non ero convinto che fosse strettamente necessario conoscere altri popoli viaggiando come Marco Polo in giro per il mondo. Sì, riconoscevo il fascino dell’avventura, della scoperta, dell’esperienza che viaggiare ti può portare, ma volete mettere stare su un comodo divano a leggere, a studiare, a guardare la tv e viaggiare con la fantasia? Come diceva Gaber, “a volte è bellissimo perdere le cose invece di viverle”. Tutto questo per dire che ora non la penso più così, non la penso più come Gaber. Ora penso il contrario, voglio solo viaggiare perché dopo l’esperienza di questo film ho capito che viaggiare non significa conoscere, ma “fatica” di conoscere.
Per “
Italians” ho viaggiato quasi un anno e ho amato e odiato i popoli con cui ho lavorato via via che giravo pezzi del film. La lavorazione è stata lunga e tortuosa: prima la fatica del deserto marocchino, poi l’impossibilità di girare a Dubai, dopodiché le difficoltà logistiche di San Pietroburgo e infine il caldo torrido del Qatar. Viaggiare è fatica, fatica di dover conoscere altra gente, altre mentalità, fatica di comunicare, di entrare nella testa di popoli che magari ti snobbano o ti credono inferiore. Fatica! E a me da sempre piace faticare. Mi rende felice, soddisfatto, mi dà la forza di andare avanti. Ma nonostante la fatica, in questo film ho curato i particolari come non avevo mai fatto. Intendo dire, ad esempio, i continui movimenti di macchina che, anche se impercettibili, rendono sempre l’immagine in divenire, come fosse un viaggio, un percorso anche quello. E la scenografia, gli sfondi, gli ambienti sono stati accuratamente e manicanialmente ricercati. Nei titoli vedrete i nomi di tre scenografi, di tre fonici, di due organizzatori generali, insomma un lavoro realmente articolato e faticoso. Però ho scoperto il gusto del “viaggio”, dell’essere straniero e considerato tale, di portare con me quella dose di italianità che mi rende unico nel mazzo di altri stranieri, perché l’italiano lo è.
Sono doverosi i ringraziamenti a tutti i miei collaboratori, audaci e testardi come me, i produttori Aurelio e Luigi che credono in me più di me stesso, a Maurizio Amati che più c’è da lottare e più lotta, a Tani Canevari, un vero scudiero e a tutti gli altri che in qualche modo hanno “viaggiato” con me. Ma concedetemi un ringraziamento speciale a Valeria, la mia Valeria, che mi ha regalato forse il più bel momento del film con il suo sguardo accecante.
E’ stata una grande favola questo film ed è per questo che chiude come chiuderebbe una fiaba dolce e antica… “C’era una volta un’Italia fatta di pezza stesa su un prato verde e tanti bambini piccini seduti intorno a lei…”.
Giovanni Veronesi