Note di regia del documentario " + o - Il Sesso
Confuso. Racconti di Mondi nell'era Aids"
Forse ascoltare è una delle poche cose che sento di saper fare. Forse la so fare perché sono assetato perennemente di vita e di storie. Forse sono assetato perché non ho mai abbastanza storia dentro. Così ho imparato che si può accendere una macchina da presa, che si può piazzare un microfono, e qualche volta, grazie alla tecnica, si possono fissare nuovi colori della realtà. Documentare. In questo caso il documento non è l’Aids. Non le cure. Non la malattia. Ma il pensiero e l’emozione sulla malattia, quello sì. Ed è la cosa che per me conta. Come contano le domande che l’Aids si porta dietro. Domande di vita. Domande spesso d’amore. Domande su come un virus in libertà possa cambiare le prospettive e il corso dell’esistenza.
Documentare è raccogliere volti e voci intorno ad una storia. Questo documento raccoglie voci e volti che aspettavano non so da quanto di parlare e dare un senso a ciò che senso apparentemente non ha.
Andrea Adriatico
Un documentario per raccontare come l’Aids abbia segnato gli ultimi 25 anni della nostra storia, che se ne sia consapevoli o no.
Nessuna malattia prima di questa ha provocato reazioni così forti: paura, sospetto, panico, ma anche solidarietà, impegno, mobilitazione. Sentimenti che si sono manifestati in maniera eclatante nella vita di alcune persone ma che, per la forza con cui si sono scatenati, non possono non aver sfiorato anche chi non ha avuto alcun contatto col virus.
Facciamo un esempio: qualcuno si ricorderà come nei primi anni dell’era Aids alcuni bar avessero deciso di servire il caffè in tazzine “usa e getta” e di eliminare le zuccheriere comuni. In comportamenti elementari e apparentemente insignificanti come questi si nasconde il lavoro sottile che l’Aids ha compiuto, insinuandosi come un rumore di fondo nelle nostre relazioni sociali, seminando sospetto, separando ciò che prima tendeva al contatto.
Per non parlare del sesso: un ambito così “naturale” è stato invaso dalla necessità della protezione e dietro questo evento si nasconde un trauma collettivo che è necessario indagare, per comprendere meglio noi stessi.
Oggi, in un momento in cui è venuta meno la convulsione con cui era trattata la malattia nei primi anni e in cui il silenzio che l’ha circondata in tempi recenti ha dimostrato tutto il suo carico di pericolosità, oggi è tempo di guardare indietro e cercare di capire perché una infezione virale è stata capace di produrre degli effetti persino superiori ai numeri pure tragici con cui la inquadrano gli epidemiologi.
Perché un evento terribile come l’Aids può servire anche per acquisire consapevolezza. Ecco la convinzione da cui parte il mio lavoro: riconoscere nell’Aids un’occasione preziosa che non ci possiamo permettere di sprecare.
Giulio Maria Corbelli