Claudio Giovannesi: "Ho scelto la coppia Giannini - Bosi
per il mio film per la forte somiglianza fisica"
Puoi dirci come sei arrivato a comporre la coppia di fratelli Giannini – Bosi?
Claudio Giovannesi: Volevo che i fratelli avessero una forte somiglianza fisica, perchè caratterialmente i due personaggi sono molto diversi. I provini sono stati fatti in funzione di una coppia e non separatamente. Adriano Giannini mi convinse subito e il personaggio di Lorenzo è calzato a pennello su Emanuele Bosi, che all'epoca viveva una prima esperienza cinematografica, visto che “
Questo Piccolo Grande Amore” lo ha interpretato successivamente.
Il tema della diversità doveva starti particolarmente a cuore, visto che già nel tuo lavoro precedente, il documentario “Welcome Bucarest”, racconti una storia di problematiche di integrazione. Come mai hai scelto di proseguire su questa strada?
Claudio Giovannesi: Più che di diversità, parlerei di identità. Nel documentario raccontavo la storia di un bambino rumeno che si trovava a vivere in una realtà italiana. Nel film avviene il contrario, sono gli italiani a spostarsi in Marocco. Il film è stato scritto in seguito ad una documentazione sugli italiani che vivono a Marrakesh, persone che ho incontrato e che mi hanno raccontato le loro esperienze di vita.
Spesso le informazioni che riceviamo dai media sul mondo islamico, ci parlano di una realtà dai modelli forti, intesi in accezione negativa. Nel film hai ribaltato totalmente questo concetto, mostrando un volto dell'Islam distante all'idea che generalmente si ha. Quali esperienze ti hanno portato ad una scelta simile?
Claudio Giovannesi: Uno dei motivi per cui volevo rappresentare tutto questo è perchè nel passato recente in tv si sono aperti dibattiti sulla possibile esistenza di un Islam moderato, concetto assolutamente falso. L'Islam è una religione monoteista come il Cattolicesimo. Esistono delle eccezioni politico-religiose che vengono strumentalizzate dal nostro sistema politico occidentale, per instaurare la paura della diversità. Quando sono stato in Marocco, ho ricevuto grande amore e ospitalità, che ho cercato di trasmettere nel film, senza inventare niente. Sono venuto a conoscenza di una società che ha ancora un modello di famiglia forte, con un radicato rispetto per la comunità e i legami di sangue, come poteva essere una società contadina italiana prima del boom economico.
In passato hai lavorato per quattro anni nella redazione di “Blob”. Quanto e in che modo quello scorrere perenne di immagini televisive ti hanno stimolato artisticamente ?
Claudio Giovannesi: Lavorando a “
Blob” ho visto una quantità di televisione immane e più osservavo il mostruoso spettacolo televisivo italiano, più mi veniva voglia di lavorare per il cinema.
Un regista che compone la colonna sonora del proprio film è un caso più unico che raro, vero?
Claudio Giovannesi: Ho sempre scritto le colonne sonore dei miei corti e questa volta si trattava di estendere la complessità del lavoro in un racconto che aveva una durata maggiore. Dovevo scandire il percorso delle immagini, sottolineando il “viaggio” emotivo dei personaggi. Ho collaborato con Enrico Melozzi per l'arrangiamento, bravissimo musicista uscito dal conservatorio. Questa collaborazione ha dato vita ad un cd edito dalla Warner, che mi ha permesso non solo di debuttare nel cinema, ma nello stesso tempo di esordire nel mondo della musica.
24/07/2009, 18:15
Antonio Capellupo