Note di regia del film "Cosmonauta"
L’epoca nella quale è ambientato il film è un’epoca finita, dimenticata: le passioni politiche che l’animavano sono svanite, sono scomparsi i luoghi in cui queste passioni venivano vissute e condivise, è addirittura scomparsa una delle due nazioni che si contendeva con gli Stati Uniti il primato mondiale; parlare di “corsa allo spazio” oramai non significa più nulla, e la gente ha cominciato anche a dimenticare i nomi di quei primi cosmonauti che allora si credeva avrebbero lasciato una traccia indelebile per le generazioni future. Un’ambientazione storica così sconosciuta e al tempo stesso così vicina nel tempo contribuisce a dare una veste fiabesca ed irreale ad una vicenda come quella di Luciana, una storia di formazione, una parabola tipica dell’adolescenza: lo spettatore che sa com’è andata a finire la Guerra Fredda non potrà che prendere le distanze dai sogni di Luciana e Arturo, e questo gli permetterà di vedere con più leggerezza ed ironia le ingenuità e le illusioni dei due protagonisti.
Tuttavia, il film cerca di andare al di là della mera ricostruzione storica, che rischiava di apparire fine a se stessa e didascalica. La volontà era invece proprio quella di raccontare, attraverso un’ ambientazione così particolare, una specie di favola senza tempo, dove i sogni di conquista dei cosmonauti (presenti con i loro volti e i loro sorrisi nel montaggio del materiale di repertorio) s’incrociassero con quelli dei ragazzi, ricreando quell’atmosfera di fascinazione e d’incanto tipica degli anni dell’adolescenza. Avvicinando poi la musica ai gusti dei ragazzi che oggi hanno l’età di Luciana, grazie all’atmosfera creata in combinazione con le scenografie, i costumi e la fotografia, ho cercato di dare alla storia delle caratteristiche più “universali”, per attualizzare il passato, o meglio per vederlo sempre con gli occhi del presente, combinando così elementi e colori dell’epoca con una musica con sonorità più che contemporanee (e mi riferisco sia alle cover delle canzoni anni Sessanta prodotte e supervisionate da Max Casacci dei Subsonica, che alle musiche strumentali dei Gatto Ciliegia).
La storia di Luciana mi è servita, come credo e spero, per raccontare un pezzo di storia del mio paese, un’epoca ormai dimenticata in cui la competizione tra due visioni del mondo divideva le nazioni e si giocava nell’orbita terrestre e nello spazio circostante il nostro pianeta. Ma la vicenda di Luciana dimostra anche qualcosa che va al di là dell’epoca in cui si svolge: essa indica come in un percorso di formazione si cerchino spesso altrove, nell’appartenenza ad un gruppo, in simboli e in definizioni inventate da altri, quei punti di riferimento che invece andrebbero cercati in noi stessi. Per chi come me è cresciuto nell’epoca della fine delle ideologie è importante, infatti, poter capire come, anche ai tempi di Luciana, quando le ideologie c’erano ed erano ben consolidate, i giovani e i meno giovani non avessero affatto più certezze di oggi. Le delusioni di Luciana, di una ragazza che cresce e deve imparare ad accettare non soltanto la propria fragilità, ma soprattutto le debolezze e le mancanze di chi la circonda, dimostrano fino a che punto, in un modo o nell’altro, bisogna imparare a fare i conti con la sconfitta per poter davvero cominciare a crescere.
Susanna Nicchiarelli