Note di produzione del documentario "Fratelli d'Italia"
Le storie dei tre giovani: Alin, Masha, Nader, raccontate dal film documentario Fratelli d’Italia, aprono uno squarcio di verità sul difficile percorso di integrazione che devono affrontare i ragazzi stranieri e i figli di immigrati: la cosiddetta seconda generazione, soggetta ad una rapida quanto radicale trasformazione che è talvolta irreversibile rinuncia alla propria identità culturale.
Una mutazione culturale e antropologica che è tanto più forzata e dolorosa, in quanto avviene nel periodo dell’adolescenza, mentre su di loro premono in modo spesso fortemente contraddittorio le istanze della famiglia, della comunità di provenienza e l’aderenza ai modelli di una nuova società a cui sentono di appartenere e che, come per i loro coetanei, è frutto dell’ibridazione e dei bisogni imposti dal consumo di massa, un moderno Moloch a cui sacrificare ogni identità personale, il senso critico, la propria autonomia di crescita individuale.
Un’esistenza “liquida”, per usare una metafora di Zygmunt Bauman, in cui tutto, anche l’immaginazione (soprattutto l’immaginazione) è regolato dai consumi. “La distinzione tra consumatori e oggetti di consumo è fin troppo provvisoria ed effimera. Si potrebbe dire che il ribaltamento dei ruoli diventi la regola, ma persino tale affermazione distorce la realtà della vita liquida, in cui i due ruoli si intrecciano, si mescolano e si fondono”( Z. Bauman, Laterza 2009).
In Fratelli d’Italia si intuisce che il luogo primario di questo scontro culturale è la scuola, territorio sul quale e dal quale insegnanti e genitori tentano una resistenza strenua, talvolta drammatica. Chi è assente, chi sembra avere abdicato al proprio ruolo di formazione delle coscienze affiancando la scuola come sistema educativo, sono le altre agenzie educative e la classe politica e intellettuale del nostro Paese. Assenti dal territorio, dopo aver abbandonato il campo dell’etica pubblica alle forze libere e selvagge di un capitalismo globalizzato, privo di regole, giunto probabilmente, e proprio per questa ragione, alla sua fase autodistruttiva.