Note di regia del film "L'Uomo che Verrà"
Alcuni anni fa è iniziato un lungo lavoro di ricerca per realizzare un film che narrasse il dramma della strage avvenuta sull’Appennino bolognese nelle borgate circostanti il Monte Sole, nei comuni di Marzabotto, Vado-Monzuno e Grizzana-Morandi, conosciuta nella cultura comune e scolastica come la strage di Marzabotto. Un eccidio cruento e di particolare ferocia in cui vennero annientate circa 770 persone, per la maggior parte donne, bambini e anziani.
L’approccio ad un film di tale importanza storica non è stato semplice. A distanza di sessanta anni da quei tragici eventi tutto appare sfocato dal tempo, si sente il peso della storia, si avvertono ancora faziosità, differenti interpretazioni o strumentalizzazioni politiche. Il lavoro di ricerca sulla bibliografia già esistente, unito ad una raccolta di testimonianze dirette, in collaborazione con l’Istituto Storico per la Resistenza “Parri” di Bologna, ottenute con interviste ai sopravvissuti alla strage e a partigiani, ha progressivamente messo in luce l’importanza di non dimenticare tale sacrificio e soprattutto ha riportato ai nostri occhi volti, racconti, persone, famiglie.
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L’Uomo che Verrà” vuol essere un film sulla guerra vista dal basso, dalla parte di chi la subisce e si trova suo malgrado coinvolto nei grandi eventi della storia che sembrano dimenticare le vite degli uomini. Un racconto cadenzato nei nove mesi d’attesa per la nascita di un bambino in un’umile famiglia di contadini: la loro speranza, filtrata dallo sguardo di innocente ingenuità, di stupore e di scoperta di Martina, la sorellina di 8 anni. Le vicende della guerra e della Resistenza si fondono man mano alla quotidianità in una faticosa convivenza che non intacca però il senso di speranza nel futuro e che pare ad una svolta positiva con l’imminente liberazione degli alleati. Ma gli eventi hanno un corso diverso e proprio il giorno in cui il bambino viene alla luce, le SS scatenano nella zona una strage. In questa tragedia disumana, la piccola Martina si rende protagonista di un percorso di speranza.
Nel film, nello scenario suggestivo dell’Appennino, si racconta di uomini, donne e bambini, del loro vivere quotidiano, dove ad un certo punto le schermaglie del conflitto mondiale si inseriscono tra borgate e casolari, come un fenomeno abnorme, inspiegabile.
L’evolversi dei racconti è l’evolversi di quei tempi, dove la grande “Storia”, quella che troviamo nei libri e negli studi accademici, entra nelle case, sui sagrati, nelle chiese, ed uccide.
Dalla ricostruzione delle vicende emerge come protagonista una comunità che, al di là degli episodi legati alle formazioni partigiane, oppone allo strapotere nazista una resistenza che, come cita don Giuseppe Dossetti nell’introduzione bibliografica al libro “
Le querce di Monte Sole” di Monsignor Luciano Gherardi, “
… è innanzitutto un atteggiamento morale, una rivolta interiore contro ogni prevaricazione, ogni violenza eretta a sistema, ogni sopruso, ogni ingiustizia, ogni ricatto. È tenace affermazione dei diritti dell’uomo, di ogni uomo, volontà di pace nella libertà; testimonianza di solidarietà umana al di sopra di ogni discriminazione; sfida dell’amore all’odio, della fede alla disperazione, della vita alla morte”.
Gli eventi narrati vogliono essere testimonianza di grandissimo valore morale, ci consegnano per immagini la sintesi del desiderio e del bisogno della solidarietà nelle convivenze umane, e ci restituiscono il senso delle cose “che contano”, ridanno valore ad una stretta di mano, ad uno sguardo, ad una preghiera, al cibo, all’amore, e tutto questo schiacciato, represso, ma anche “valorizzato” nella contrapposizione alla crudeltà delle SS. Ciò che hanno perpetrato i tedeschi è frutto indiscutibilmente di freddezza, raziocinio e di una precisa “educazione”. L’educazione è significativamente alla base dell’agire dell'uomo e nello sviluppo della società civile, portare quindi in un film i fatti di Marzabotto significa mantenere vive e vigili le coscienze degli uomini e anche educare le presenti e le future generazioni affinché un domani un’altra ideologia non trasformi il senso della vita annientando le coscienze.
Un’occasione per rilanciare la necessità di dialogo e comprensione; una voce data agli innocenti cui hanno rubato la vita, ai martiri dei conflitti che da allora si sono susseguiti fino ad oggi, perché dal loro sacrificio ogni uomo si senta responsabile e si attivi per il miglioramento della società e in ognuno nasca un forte bisogno di pace.
Giorgio Diritti