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"Mineurs": la storia dei piccoli minatori italiani del dopoguerra


I minatori italiani del dopoguerra arrivano a Roma al Nuovo Cinema Aquila. "Mineurs" (in francese minatori ma anche minori) è un film sui nostri emigrati, nel film della Basilicata, che con gli accordi tra Roma e Bruxelles partirono per le miniere di carbone del Belgio (da qui minatori) in cambio di quelle materie prime che fecero da volano all'industria e al nostro boom economico degli anni '60. Il film di Fulvio Wetzl, prodotto dall'autore con il contributo di molti enti locali italiani e belgi, è raccontato dai bambini (da qui minori) che qualche volta spettatori qualche altra protagonisti, vivevano sulla loro pelle il clima di instabilità e insicurezza della situazione italiana del dopoguerra. Al paese povertà e scarsità di occasioni, in Belgio poca integrazione e lavori pericolosi.
Coproduttore e personaggio trainante del film Franco Nero, da sempre impegnato ad aiutare il cinema indipendente italiano con le sue interpretazioni di spessore. In "Mineurs" è forse il leader della piccola comunità italiana in Belgio, minatore lucano la cui famiglia (moglie e figlio) lo raggiunge per sfuggire alla miseria del paese.

Il film è un racconto di tutte le fasi del fenomeno della migrazione: dalla descrizione della miseria in patria, all'esodo, fino all'inserimento, con tutti i pro e i contro, nella nuova società. Forse è troppo ampio il raggio del racconto, e i personaggi sono funzionali solo a raccontare il mondo che li circonda, poco scavati e che non riescono a far scattare il meccanismo di indentificazione con lo spettatore. Parlano troppo, spiegano troppo senza lasciar scoprire o indovinare al pubblico quei risvolti che servono ad affezionarsi al film e ai personaggi.

La coprotagonista Valeria Vaiano è anche produttrice (per la Vawe Film) e sceneggiatrice con Fulvio Wetzl, il che fa emergere, una volta di più, la sensazione che sia indispensabile avere un interlocutore esterno con cui confrontarsi in fase di sceneggiatura, qualcuno che vede il progetto senza coinvolgimento, qualcuno che “non è d'accordo” insomma e ci metta del suo per arricchire, con i suoi paletti, l'interessante idea di base.
Il film è girato bene anche se, come detto, troppo ampio e lineare nel racconto e le immagini, belle e giuste per l'epoca, perdono spesso efficacia per i troppi dialoghi esplicativi. Una formula al limite del documentario, con i dialoghi al posto del testo, che potrebbe funzionare per presentare il film nelle scuole e far conoscere il fenomeno dell'emigrazione italiana nel dopoguerra.

03/11/2009, 15:44

Stefano Amadio