Il film nasce da un’idea della Fondazione San Marcellino, gesuiti di Genova, che da anni assiste in diversi modi la comunità di senza tetto, emarginati, raminghi e indigenti della città. L’intento era di raccontare non tanto l’attività della Fondazione quanto il mondo a cui questa si rivolge, le persone e la città.
Prima del film non conoscevo bene Genova, gli unici ricordi o memoria erano i racconti di mio padre che come marittimo meridionale da lì si imbarcava, e per tutta la sua giovinezza Genova ha rappresentato la sua città ideale.
Mi raccontava sempre di quanto era bella, delle tripperie – oggi scomparse – e del suo cielo, una città del nord che guarda a sud.
Io ho conosciuto un’altra Genova, ho vissuto in una zona, l’area dell’angiporto, dove - come nella maggioranza delle città del nord - sempre di più si estingue il tessuto sociale, dove la memoria è impressa nelle pietre di Sottoripa.
Ho provato a raccontare il presente attorno a me, quei residuali che vengono da un mondo passato, mentre la nostalgia del Novecento è rappresentata attraverso i repertori, filmini amatoriali e non, realizzati da genovesi di lunga generazione.
Il mio sguardo sul presente è quello di un forestiero che racconta ciò che vede dalla finestra, lo sguardo sul passato e sulla Grande Storia è rappresentato dai genovesi che silenziosamente sono riusciti a raccontarla attraverso l’oculare di una cinepresa.
Pietro Marcello