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Intervista a Micaela Ramazzotti sul film "La Prima Cosa Bella"


Intervista a Micaela Ramazzotti sul film
Che rapporto ha avuto con Livorno, quali sensazioni le hanno dato la città e la sua gente?
Micaela Ramazzotti: Livorno mi ha fatto subito perdere la testa, già dalla prima volta che l‟ho vista: mi ha completamente appassionata. È una città suggestiva, speciale, un po‟ piratesca. Penso a tutti questi livornesi che in estate vedi sugli scogli, tutti abbronzati, tatuati, fieri come indiani Apache. All‟inizio ho conosciuto la città da turista: col tempo, invece, ne sono stata quasi adottata, e mi sono sentita subito a casa perché ti dà un senso di rinascita e di libertà. Livorno è così, come la lasci così la ritrovi, come se il tempo si fosse fermato. È vero quello che dice Paolo: i livornesi hanno questo carattere particolare un po‟ anti-toscano, sono bruschi, veraci, dicono quello che pensano. Insomma è una città molto autentica, vivace, sempre sveglia: in estate soprattutto proprio non c‟è scampo, se hai le finestre aperte è impossibile dormire.

Secondo lei come ha vissuto Virzì il riavvicinamento alla propria città?
Micaela Ramazzotti: Penso che per Paolo Livorno sia la vera musa ispiratrice. Lo fa soffrire anche molto, perché lui la vorrebbe come l‟ha sempre un po‟ idealizzata: libera, fiera, irriverente, comunista, invece magari a volte certi atteggiamenti di Livorno un po‟ più conformisti e provinciali lo fanno soffrire. Quando lui ci vive o ci gira un film ha vari sentimenti contrastanti: quello della sofferenza e quello della fierezza, e questo è un mix vincente per lui. Ne è anche molto “coccolato”: quando giravamo ogni giorno arrivavano persone che ci portavano schiacciate, dolci, la gente lo chiamava, ci si piazzava vicino: la sua città si prende una certa confidenza con lui. Livorno può, altre città non possono permetterselo, e questo a lui un po‟ piace e un po‟ no, però secondo me sotto sotto ne è contento, perché si sente talmente amato e ben voluto: è un po' come il rapporto con la propria mamma, a volte te ne vergogni e a volte ne vai fiero. A Livorno Paolo diventa il vero punto di riferimento, il vero guru, e tu da attrice ti devi affidare completamente a lui partendo dal lessico, dall‟accento, dalle sue osservazioni sui modi livornesi tipici. Se avessimo girato in una città che non era la sua, avrei potuto magari comunque proporre qualcosina di diverso, come mi è capitato di fare in Tutta la vita davanti, dove ho provato a suggerirgli degli atteggiamenti, anche un certo tipo di linguaggio, che il personaggio di Sonia poteva avere: qui invece mi sono affidata completamente a lui. Credo ci siano tanti vantaggi quando si gira nella propria città, ogni tanto sul set si facevano strani incontri, perché arrivava magari il compagno delle elementari che diceva: "Paolo, ti ricordi?»" oppure la maestra, o l‟amica che abitava di fronte a casa sua, il medico di famiglia… lui faceva questi incontri anche un po' speciali, che sono stati degli ingredienti positivi per un film veramente pieno di fertilità. Ricordo ad esempio una scena molto complicata – era un piano sequenza in cui passeggiavamo cantando con i bambini – e doveva riuscire tutto alla perfezione: recitazione e movimenti di macchina. Era notte e dopo l‟ennesimo ciak, quando Paolo ha detto «buona!» c‟è stato un applauso della gente intorno a noi che assisteva alle riprese, un applauso della città che è stato come un attimo di teatro e cinema insieme.

C’è stato qualcosa che non sapeva di Paolo Virzì e che ha scoperto tornando con lui nei luoghi della sua infanzia?
Micaela Ramazzotti: Tante cose. Innanzitutto – Paolo non ne parla mai – lui fin dai tempi del liceo faceva mille cose: politica, teatro, lavori e lavoretti, era veramente iperattivo, un ragazzo di quelli che si danno tanto da fare. Ho saputo che lavorava come maestro elementare, come guida turistica, addirittura per un perito di container, faceva lo sguattero nelle navi da crociera, il fotografo di matrimoni, e girava anche delle piccole pubblicità per tv locali… in più trovava il tempo non solo per studiare (ed era bravissimo) ma anche per seguire le manifestazioni e tutti i suoi cortei. In più trovava il tempo per allestire spettacolini teatrali assieme ad amici come Francesco Bruni – col quale scrive da sempre i suoi film – Barresi e Algranti: facevano questi spettacolini teatrali con dei filmettini che non ho mai visto, non si sa che fine abbiano fatto, ma a questo punto sarei molto curiosa di vederli! Francesco Bruni racconta che Virzì è ancora molto quella persona lì, uno che non si è mai montato la testa, e che ancora si stupisce del fatto che gli altri lo trattino come una persona che ha avuto successo… Paolo è un uomo semplicissimo, e nello stesso tempo speciale, generosissimo. È una persona di grande intelligenza, intuitivo, originale, e lo dimostra nei suoi film. Ogni tanto le persone lo chiamano Maestro per strada, ma lui scoppia a ridere, non se ne vanta, non l'ho mai sentito avere atteggiamenti vanagloriosi o autocelebrativi. È talmente pieno di passione, di voglia di raccontare, è una persona che vuole bene alla sua gente, e quindi l'essere “fanatico” proprio non gli appartiene: da questo c'è solo da imparare, perché sotto questo suo aspetto da geniaccio piratesco livornese dimostra una grande umiltà. Sono molto fiera di averlo accanto ogni giorno, ho da imparare tanto, e lui mi sta viziando: a forza di vedere tante cose belle, e fare bei film, finirò col diventare io stessa un po‟ fanatica (ma spero proprio di no altrimenti poi lui mi uccide!).

La “fuga” di Virzì da Livorno verso Roma ricorda secondo lei quella del personaggio Bruno/Mastandrea verso Milano?
Micaela Ramazzotti: Credo che siano due uomini che vanno via dalla propria città per motivi completamente diversi, non ho ritrovato la storia di Paolo nella storia di Bruno.. Paolo aveva una grande voglia di scappare dalla sua città, nei suoi racconti ogni pretesto era giusto per andare via, anche per vedere com‟era il mondo lontano da una cittadina di provincia come Livorno. A mio parere quando lui vinse il concorso al Centro Sperimentale di Cinematografia venne di corsa a Roma non tanto per fare subito del cinema, quanto per “ficcanasare” nel grande “casino” della città… ma poi dentro la vocazione ce l‟aveva, eh se ce l‟aveva, perché faceva già teatro e girava piccole cose, quindi quello era davvero il suo destino!

Che cosa pensa del personaggio di Anna calato in una Livorno non più raccontata come l’icona rossa degli operai comunisti, ma come il regno della piccola borghesia che sogna i miti degli anni 70?
Micaela Ramazzotti: Anna si muove in epoche diverse, negli anni '70 vive la sua fase più vezzosa e leggera e poi negli anni '80 sul suo viso appare il disincanto. Mi sono calata nel mondo livornese a tutto tondo con un linguaggio, un lessico, un accento, dei modi di dire particolari e quindi chiedevo continuamente a Paolo consigli e spiegazioni perché non è facile cambiare improvvisamente dialetto, se spingi troppo rischi di fare delle imitazioni caricaturali, e quindi mi sono limitata ad un leggero livornese di altri tempi, come quello di sua madre. Dentro di me mi sono detta che la mamma aveva un accento meraviglioso e allora mi ci sono ispirata facendo poi un mix con la voce stupenda della Sandrelli: ho mediato un po‟, ho cercato di essere credibile sotto la guida del mio regista ma non è stato semplice perché nelle scene di grande sentimento partivano quasi inconsapevolmente i “romanismi”, le doppie “b” soprattutto, ed eravamo costretti a fermarci ed a ripetere la scena. In Tutta la vita davanti, invece, avevo portato qualcosa di mio, un lessico che conoscevo abbastanza bene, quello di una certa Roma dei centri commerciali, dei modi di dire, dello slang e di alcune donne che avevo visto e studiato, e abbiamo tirato su quella creatura poverina così disarmante che è Sonia. Qui invece no, l‟unica cosa che ho cercato di portare sono stati certi modi di muoversi di certe donne di alcuni film di Petrangeli, come Io la conoscevo bene con la Sandrelli o La visita con Sandra Milo: donne con atteggiamenti “a modino”, molto per bene, educate, belle, sensuali, gentili, che avevano un modo di muoversi, una bella poesia nel loro modo di camminare. Non era facile rientrare in un‟epoca come gli anni '70, e io confesso di avere un po' rubato delle cose da loro e da quei capolavori. Il personaggio di Anna ricorda molto la straordinaria mamma Franca di Paolo Virzì… Franca arrivava sul set e portava enormi buste con schiacciate, torte di riso, torte allo yogurt; metteva la mano nella busta e imboccava chiunque incontrasse, che non poteva non assaggiare: ci viziava, e quella era un ottima scusa per rimanere lì con noi. È una donna generosissima, speciale anche lei: appena l'ho conosciuta ho avuto subito l‟impressione di avere a che fare con una persona molto originale, da cui Paolo ha sicuramente ereditato un grande carisma, ma – tra le tante caratteristiche che hanno in comune – anche un'allegra sventatezza; entrambi si buttano sulle cose come adolescenti che ancora non hanno incontrato il pericolo sulla loro strada. E poi è anche dotata di una grande generosità e un forte amore per le cose belle; Anna e Franca sono due donne estremamente vitali, avide di vita. Anna somiglia a Franca anche per la grande esuberanza: è una donna che dà confidenza da subito agli estranei, ed è molto socievole, pronta ad aprirsi, ad ascoltare.

Chi è Anna, quali sono i suoi rapporti coi figli e con gli uomini, e come evolvono?
Micaela Ramazzotti: Penso che sia un personaggio davvero eroico ed emozionante, sono molto fiera e riconoscente di averlo potuto interpretare. È una donna bella, dolce e sensuale, con un suo sex appeal, è fiera e indifesa, simpatica ma allo stesso tempo maldestra; è innocente, ma molto esuberante, avida di vita, aperta verso la gente, verso la conoscenza e le persone. Questa sua disponibilità ad offrire un sorriso e uno sguardo a tutti la fa ritenere, dalla grettezza paesana, una poco di buono, mentre in realtà è una persona ingenua, che però si troverà ad affrontare tante vicissitudini che la porteranno anche ad avere una certa sventatezza. Ha una certa istintività tipica di una ragazza del popolo, molto “animale”, passionale, viva; è molto esuberante anche negli atteggiamenti con i figlioli, per cui mentre la piccola Valeria è devota alla mamma, la ammira, e la applaude quando c'è l‟elezione di Miss Pancaldi, al contrario l'ipersensibile Bruno è vergognoso, timido e schivo, e viene sempre messo in imbarazzo davanti alle persone da questa madre invadente che lo prende, lo tocca sulla testa, gli accarezza i capelli e lo bacia, facendolo soffrire tanto per questo.

Chi è Paolo Virzì?
Micaela Ramazzotti: Io ho sempre amato i suoi film, perché riesce ad essere sempre ironico, anche nei momenti più drammatici: in ogni suo film in qualche modo sdrammatizza anche i momenti duri e difficili… però non riesco ad essere la sua critica ufficiale perché i suoi lavori sono tutti belli, diversissimi l‟uno dall‟altro. Vedo che ha un debole per i personaggi fragili, buoni a nulla, descrive benissimo le debolezze umane e questa è una grande forza. E in più ama le donne e le rende sempre molto affascinanti, sexy, belle, tanto che ti viene voglia subito di uscirci con queste donne che vedi nei suoi film. E poi è bravissimo a tirare fuori i personaggi minori, spesso quelli che vedi magari anche solo in due, tre scene, che però ti rimangono dentro: non perde mai un tassello nella descrizione dei suoi personaggi, li ama tutti. Ama molto le persone, la gente, e quindi gli piace molto descriverla anche nelle sue debolezze e fragilità, e questo è un grande dono.

Come definirebbe allora questo film: è solo una commedia o anche dell’altro?
Micaela Ramazzotti: Non lo so, leggendo la sceneggiatura, sembrava di sfogliare un grande romanzo, che fa ridere e piangere. C‟è qualcosa in comune in tutti i film di Paolo: anche di fronte a scene particolarmente drammatiche, alla fine succede che ti ritrovi a ridere e ti chiedi come sia stato possibile. È molto abile a mettere sempre in scena degli attori dotati di grande ironia, che si sanno prendere in giro, certe scene che magari uno si aspettava come molto dolorose, quando le ho riviste mi facevano morire dalle risate. Penso alla sequenza immediatamente successiva alla morte di Anna, quando sono tutti lì che piangono e si disperano e Valeria, invece di andare fra le braccia del marito, va a sfogarsi fra le braccia dell‟amante, davanti ai figli e ai parenti sbigottiti. Penso che al cinema quando sei sul punto di piangere e poi ti viene da ridere è fantastico, perché la vita è così.

14/01/2010, 17:50