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Stefano Gabrini: un cinema quasi impossibile
da incontrare in sala e in TV


Stefano Gabrini: un cinema quasi impossibile da incontrare in sala e in TV
Una scena tratta dal film "Jurij"
Il cinema dell'incomunicabilità. No non parlo di Antonioni, di Bergman o dei lunghi silenzi di Sergio Leone, ma del Cinema Trevi di Roma. Al Trevi confortevole sala a due passi dall'omonima fontana, non sanno mai nulla; nessuno ha mai comunicato la lista dei giornalisti accreditati, nessuno gli ha detto se l'ingresso è a pagamento o gratuito, o passato la notizia sull'orario delle proiezioni. Comunicate gente, comunicate.

Mercoledì 27 è stato il giorno dedicato al cinema di Stefano Gabrini, insegnante al Centro Sperimentale (che gestisce il programma del Trevi). Proiettati i suoi quattro lavori in un lungo "a seguire" cominciato alle ore 17:00 con il film "Il gioco delle ombre" del 1990, proseguito con i documentari "Zbog Mostara" (1995-96) e "Taxi Rap" (2001) per concludersi con il lungometraggio del 2001 "Jurij", introdotto da Fabio Castrota, psicanalista, che dallo stesso autore.
Un cinema quasi impossibile da incontrare in sala e in TV, dal quale traspare non solo la mano ispirata dell'autore, ma anche occhio e orecchio. Lavori originali e forse per questo di difficile diffusione.

28/01/2010, 13:36

Stefano Amadio