Note di regia del film "Due Vite per Caso"
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Due Vite per Caso" nasce dai tempi in cui viviamo, fotografando una precarietà che, ormai e sempre più, investe ogni aspetto della nostra esistenza. Un film che nasce da domande e bisogni necessari, oltre che da un senso di malessere ormai diffuso.
Il protagonista è Matteo Carli, un ragazzo 24enne che vive con disagio una stagione di scelte cruciali: il mondo cerca di fargli credere che tutto per lui sia possibile, mentre il destino, o la società, o il caso appunto, finiscono per decidere inesorabilmente al posto suo. Matteo vive in una società che prepara i ragazzi alla vita adulta, senza dar poi loro la possibilità di essere messi alla prova; che guarda ai giovani con sufficienza, con sospetto. La gioventù viene considerata un difetto, se non una vera e propria colpa.
Matteo aspetta, alternandosi tra speranza e frustrazione, che qualcosa arrivi a rivoluzionare lo stato delle cose. Sembra che l’attesa (vana?) sia diventata ormai una quarta, nuova, frustrante dimensione temporale, affiancatasi alle classiche tre conosciute (passato, presente e futuro). E da qui nasce la rabbia di Matteo, un ragazzo che “è tutta la vita che aspetta, ma non è mai successo un cazzo”, che nella vita prende una direzione o un’altra non perché realmente motivato, ma solo per dare una sterzata, forzare una scelta, “provare a vedere com’è”.
Una “vita per caso”, appunto, come quella di tanti suoi coetanei, che si trascina senza mete, obiettivi, sogni.
L’energia di Matteo, la sua voglia di fare, si trasformano in rancore, in frustrazione, che prendono vie di sfogo imprevedibili e, come succede molte volte a quell’età, sbagliate.
Nei nostri occhi sono ancora incise come cicatrici le immagini dell’omicidio del manifestante Carlo Giuliani, del tifoso di calcio Gabriele Sandri, o del poliziotto Filippo Raciti. Tutte uccisioni che hanno segnato drammaticamente la storia recente del nostro Paese, e ricondotte poi, nelle ricostruzioni a posteriori, a raptus di rabbia o di follia, a fatali istanti di black out della mente, a tragiche casualità.
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Due Vite per Caso" è proprio questo: un appuntamento già segnato col destino, un tunnel temporale da cui è impossibile uscire, come una clessidra che condanna inesorabilmente, un rapporto padre‐figlio fatto di affetto e poche parole, un’amicizia sincera, due (possibili) amori che muovono ma che non travolgono, non trascinano, non salvano. Matteo è la sua stessa generazione, allo sbando, senza punti di riferimento, senza modelli, senza padri, senza maestri, buoni o cattivi che siano. Nessuna luce a indicare il cammino. Si brancola nel buio e quando si trova la forza di premere un grilletto, ci si scopre ineluttabilmente di fronte al proprio riflesso.
Alessandro Aronadio