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Note di regia del documentario "Non c'è più una Majorette a Villalba"


Note di regia del documentario
Non c'è più una Majorette a Villalba” nasce dall'idea di un film che non è mai stato scritto. Insieme a Max Luvero, co-autore del documentario, stavo lavorando ad un soggetto ambientato nella Sicilia dell'entroterra. La Sicilia che conoscevamo era quella della costa e del turismo, così in estate, con un piccolo gruppo di collaboratori, decidemmo di partire da Milano per l'isola con l'intenzione di raccogliere delle testimonianze per far sì che i personaggi che avevamo in mente fossero reali.
Una ricerca su internet ci portò a Villalba, in provincia di Caltanisetta. Il luogo sembrava perfetto: la sua posizione sperduta, 20 Km da Canicattì, l'intensa storia di mafia e politica e le decine di pubblicazioni, libri e poesie, sembravano smisurate per un paese di 1800 abitanti.
Ci colpì molto lo scritto di Carlo Levi sulla piazza di Villalba:
Ci sono delle case, dei luoghi che, per la loro natura, il loro aspetto, la vita che vi è raccolta e condensata, diventano, ai nostri occhi, le immagini obbiettive di una situazione, di una vicenda, di una istituzione o di un concetto, (...) Questa immagine è la piazza di Villalba.
Questa era la città natale, il regno di Calogero Vizzini, che per tanti anni, e fino alla sua morte, fu considerato il capo effettivo della mafia siciliana, che aveva cosi, giustamente, per motivi geografici e storici e sociali, in un villaggio di feudo, la sua capitale. Nel centro di quelle tredici strade cuore e centro di un potere grandissimo, che ama celarsi in luoghi piccoli e oscuri, è la piazza. (...) È veramente una piazzetta, ma vi è tutto, assolutamente tutto quello che fa l'antica società siciliana, tutto raccolto in quei pochi metri, in quelle poche case, in quelle poche persone. (…) Nel lato a monte, quella verso la chiesa è la sede della Democrazia Cristiana, dietro di essa, nella parte che dà sulla trasversale, è la casa di don Calò. Sullo stesso lato è la sede del Banco di Sicilia. Poco più lontano, è la caserma dei carabinieri. Tutti i poteri mondani sono dunque affacciati su questi tre lati: la politica, l'economia, la vita sociale, la chiesa e la mafia

Arrivati sul posto fummo accolti con grande ospitalità ma soprattutto trovammo negli abitanti un'incredibile disponibilità nel raccontarsi, senza nessun timore nei confronti della telecamera, sembrava che alcune persone non si rendessero neanche conto di essere riprese. Questo ci permise di ottenere degli squarci di realtà che raccontavano sinceramente il carattere e la vitalità delle persone e lo svolgersi della vita nel paese.
Tornammo a casa con diverse ore di girato e realizzammo che i personaggi e le loro storie avevano ormai trovato un'indipendenza dall'idea del film, le testimonianze erano troppo forti e troppo vere per non essere riportate così come erano state raccolte.
A quel primo viaggio ne è seguito un altro, volevamo approfondire alcuni argomenti e catturare altri racconti ma lo volevamo fare in inverno, quando Villalba si svuota e rimangono solo gli anziani.
Le testimonianze spaziavano inevitabilmente su molti nodi nevralgici. La storia del paese e la vita di tutti i giorni, l’emigrazione, le guerre politiche per un posto in Comune, per arrivare in Piazza e dire: “Ho vinto io!”. La condizione della donna, i rituali di corteggiamento e la leggenda di un boss, Calogero Vizzini, ricordato come benefattore ma con un fratello prete cattivo: “che in realtà era la sua mente”.
La situazione odierna si intrecciava al passato in storie che si contraddicevano tra loro e aggiungevano sempre nuovi particolari.
Da questi racconti ci ricordammo di Carlo Levi, in quel microcosmo sembrava fossero tuttora rinchiusi degli elementi universali della nostra società.
E' proprio la componente del racconto che ci ha convinto a dare importanza alla parola intessuta ai colori del dialetto siciliano. Ne è nato un documentario crudo, senza filtri, come la realtà che ci è venuta incontro. Non abbiamo voluto inserire voci narranti, la storia è portata avanti da interviste e immagini, anche il titolo e i vari capitoli sono presi dalle molte frasi a effetto dei personaggi.
Questa ci è sembrata la direzione giusta per narrare la vita con la naturalezza che abbiamo trovato. Intrecciare i racconti e dare forma alla moltitudine di elementi spesso contraddittori è stato un lavoro complesso. Ogni aspetto su cui ci soffermavamo avrebbe meritato un documentario a sé.
Abbiamo scelto di mostrare una realtà da noi lontana senza dare giudizi, riportando semplicemente le esperienze e i vissuti delle persone, con in mente quello che spesso dicevano gli anziani: “Presto Villalba non esisterà più”.

Giuliano Ricci