"Per Questi Stretti Morire (ovvero cartografia
di una passione)" al Cineclub Detour di Roma
Dall’ultimo
Festival di Venezia – Orizzonti, l’ultimo lavoro documentario inedito a firma di
Isabella Sandri e
Giuseppe M. Gaudino, "
Per Questi Stretti Morire (ovvero cartografia di una passione)", in una serata speciale Sabato 22 gennaio 2011 ore 21.00 al
Cineclub Detour di Roma alla presenza degli autori in collaborazione con
Schermaglie.
Biografia arbitraria e reinventata dell’esploratore cineasta e fotografo
Alberto Maria De Agostini (1883-1960). Partito come missionario a 26 anni da un paesino del Piemonte, raggiunse nel 1910 la Patagonia e la Terra del Fuoco. Scalò montagne, scoprì fiordi ed esplorò ghiacciai che ‘battezzava’ versando un po’ di whisky sulla neve o nell’acqua, dicendo semplicemente ‘io ti battezzo’, e dando loro nomi di città e personaggi illustri italiani. Di fronte allo struggimento e al dolore della scomparsa degli ultimi indios non seppe usare altre parole che quelle impressionate sulle sue lastre fotografiche o sui fotogrammi del suo bellissimo film ‘Terre Magellaniche’. Tutto questo però finisce in un immaginario e caotico magazzino della memoria, in mezzo a tristi residui accatastati della ‘civiltà dei bianchi’, dove due ragazzi frugano (assistenti del passato, topi instancabili, ingenui esaltati) alla ricerca di tracce dell’artista, in Italia quasi uno sconosciuto. Gli indios, fantasmi ancora presenti, faranno loro compagnia nel ricordare il loro assassinio e quello di una natura e di una terra derubate dai colonizzatori.
Del De Agostini non è rimasto niente di personale. Non ci sono diari, taccuini, note, confessioni. Lui è il suo luogo, il luogo che ha amato, che più che emblema simbolo metafora, ne è il corpo.
Chi l’ha conosciuto racconta che era instancabile, frenetico, camminava così veloce che in pochi riuscivano a stargli dietro, anche in tarda età. Era una specie di Leni Riefenstahl in tonaca - sperimentatore di nuove tecniche (fu tra i primi ad usare le pellicole a colori della Ferrania agli inizi degli anni ’40), capace di stare anche 15 giorni in un posto per poter fare una fotografia, esortava ad usare sempre il cavalletto che portava con sé anche durante le spedizioni più pericolose e impossibili.
Quando Pablo Neruda ha saputo della morte del De Agostini ha detto: “
La morte di Padre Alberto De Agostini per me è stata una sorpresa. E’ morto lontano dal Cile, paese che tanto amò. Le sue opere mostrarono il paesaggio maestoso della nostra cordillera, dei nostri fiumi e della nostra bellezza millenaria. Attraverso questo uomo esemplare, il Cile si riconosce nel Vecchio Mondo. Vorrei che Punta Arenas rendesse omaggio al De Agostini e che innalzasse un monumento alla sua memoria. In una piazza pubblica, dove i bambini di questa regione possano assorbire i suoi magnifici esempi. Che tutti abbiano dell’ammirazione per lui, perché con semplicità ci ha consegnato le sue profonde verità. …Senza dilungarmi troppo, a me, come poeta cileno, piacerebbe mettere l’epigrafe a questo monumento per onorare la memoria di un così illustre scopritore di alcuni aspetti della nostra storia nazionale… "
20/01/2011, 12:17