Note di regia del documentario "Sul Fiume"
Abbandonare il conosciuto per l’avventura, riscoprire il mondo come orfani di un pellegrinare mitico, un vagabondare senza meta.
Il viaggio è una carrellata su ciò che circonda e abita il Tevere, un fiume da navigare coscienti che qualcosa si sta lasciando indietro e qualcos'altro ci si presenterà davanti, di continuo.
Essere sempre in movimento quando si è sul fiume, trasportati dalle acque e spinti dal motore.
Il Tevere come un’enorme distesa d'acqua che scorre, calmo, a tratti noioso; inquadrature lunghe ed evocative delle albe, delle mattine nebbiose, dei nitidi riflessi, i dettagli della natura, particolari che raccontano il fiume e sottolineano il tempo delle ore nella giornata.
Tre ragazzi navigano il fiume, pretesto in più per mostrare il rapporto tra uomo e natura; far emergere inoltre il problema di un fiume spezzato, interrotto, nel quale non è possibile avere una navigazione continua.
Il fiume “incatenato” nel suo corso dalle suddette massicce costruzioni, ovvero i muraglioni, che pure tanto sacrificio hanno comportato ad esigenze paesistiche ed architetturali, ha finito per apparirci nel suo aspetto più domestico: pigro e sonnolento.
Un progetto che vede una riflessione su un corso d’acqua da molti dimenticato: il fiume caro a Roma e ai romani, un luogo storico naturale non valorizzato.
Stilisticamente, per il film, il fiume ha ispirato l’unione di due linee guida: da una parte nel progetto esiste “la favola dell’avventura”, che sposa una visione più “filmica” del prodotto, portando avanti un’idea di narrazione; invece, l’altra, ha osservato e accolto ciò che arrivava, ciò che passava, facendo riflettere e soffermare sul documentario. Questo film è una favola che si distrugge quando incontra la realtà.
La fantasia della narrazione e la durezza del documentario si bilanciano prima, viaggiando a braccetto, si autoeliminano poi sciogliendosi nell’acqua.
Le riprese del film sono iniziate a maggio 2009, per poi riprendere nei mesi di luglio e agosto.
Le scene girate sul monte Fumaiolo sono state effettuate a febbraio 2010.
La scelta di girare in diversi periodi dell’anno, specialmente estate ed inverno, è dovuta alla voglia di contestualizzare il Tevere anche in diversi periodi dell’anno: dare alla montagna la neve dell’inverno, al fiume il piacere dell’estate, e agli anziani del dopolavoro una malinconia autunnale.
Metaforicamente, agiamo come squadre di sommozzatori dei Vigili del Fuoco: un lavoro di ricerca, di pulizia, di ritrovamenti.
Il fiume è un percorso preciso che da monte va al mare, il luogo dei naufragi.
Un percorso di vita sul quale trovare un appiglio prima che s’intraveda l’orizzonte, un orizzonte che alla fine ha ben poco di speranzoso.
Il fiume come metafora di vita, di qualcosa/qualcuno che nasce-vive-muore.
Davide Maldi