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Intervista a Anne Riitta Ciccone, regista di "Victims 3D"


La regista italo-finlandese, autrice del primo corto italiano in 3D, che prossimamente diventerà un lungometraggio: "Inizialmente qualcuno mi ha presa in giro per questa scelta, ma se anche Bertolucci ha dichiarato che farà un film in 3D, forse non ci avevo visto male".


Intervista a Anne Riitta Ciccone, regista di
Per qualcuno rappresenta il futuro del cinema, per altri è solo una moda passeggera, ma se il 3D è riuscito a persuadere autori come Herzog e Wenders, un motivo ci sarà. Di recente qualcosa si è mosso anche in Italia, con autori del calibro di Bertolucci pronti a "dialogare" con il nuovo mezzo.

Il primo caso di 3D italiano è firmato Anne Riitta Ciccone, che con il corto "Victims", proiettato alla scorsa edizione del Festival Internazionale del Film di Roma e recentemente alla Casa del Cinema della capitale, ha aperto quella che si annuncia essere una "nuova stagione" per il cinema tricolore.

Protagonista del film è Jessica, ragazzina che dietro ad un aspetto goth e alle poche parole, nasconde un vero e proprio mondo in cui la fervida immaginazione sovrasta la pochezza del mondo reale. Una favola moderna che ruota attorno al concetto di diversità, troppo spesso e stupidamente ritenuto un elemento negativo, pensata in 3D fin dalla prima stesura.

Per il genere di atmosfere il tuo "Victims" ricorda molto il cinema di Terry Gilliam e Tim Burton, non trovi?
Anne Riitta Ciccone:
E’ vero. Tim Burton è uno dei registi che amo di più, perché di film come "Big Fish" mi piace l’idea di raccontare una vita reale in cui si inserisce quel piano fantastico che tutti noi abbiamo, e non solo da bambini. Con "Victims" volevo fare qualcosa di simile, descrivere un personaggio che rimette a posto le cose per come le sembrano più carine rispetto alla realtà.

Per ora “Victims” è un corto di 15 minuti, ma in futuro potrebbe diventare un lungometraggio. A che punto sei con lo sviluppo della storia?
Anne Riitta Ciccone:
La sceneggiatura l’ho già scritta con Lorenzo d’Amico De Carvalho e per ora siamo alla settima stesura. La Genova Film Commission aveva proposto al mio produttore, Francesco Torelli, di collaborare con me. Ho sempre pensato di fare un film in 3D e abbiamo proposto loro un corto che mostrasse quello che voglio realizzare nel lungometraggio, dal tipo di personaggi alle atmosfere.
A luglio dello scorso anno lo abbiamo girato in inglese, perché abbiamo dei coproduttori stranieri interessati, e poi doppiato perché credo che sul 3D i sottotitoli non rendano. Ho voluto un doppiaggio onirico e felliniano con voci staccate perché il corto si presta a questo piano un po’ "strano".

Dopo i passaggi al “Festival di Roma” e alla “Casa del cinema”, che vita avrà il corto?
Anne Riitta Ciccone:
A fine agosto passerà al Festival di Espoo in Finlandia che lo ha proposto per il "Melies D’Or", un premio internazionale dedicato al cinema fantasy. Mi ha fatto piacere perché non pensavo che il corto potesse vivere di vita propria, essendo, come già detto, pensato solo come promo del film.

Dopo gli Stati Uniti il 3D comincia a inserirsi nelle produzioni italiane e tu ci avevi creduto prima di tutti.
Anne Riitta Ciccone:
Pensa che un mese dopo di me, anche se con tecnologia diversa, Laura Bispuri ha girato "Salve regina" e ora Fausto Brizzi sta girando "Sex in 3D" (che ha cambiato titolo in "Com'è bello far l'amore", NdR). Ciò che mi gratifica maggiormente è ripensare a quando qualcuno mi prendeva in giro per questa scelta e scoprire oggi che Bernardo Bertolucci farà un film in 3D mi fa credere che forse non ci avevo visto male.

In tanti casi però, l’utilizzo del 3D sembra un pretesto per far levitare il prezzo al botteghino, non aggiungendo niente al "normale" cinema. Quali elementi in una storia possono richiedere questa tecnologia?
Anne Riitta Ciccone:
La storia di questa ragazzina ce l’avevo in testa da molti anni, anche perché è un po’ un mio alter ego giovanile, ma visualizzandola nella mia mente mi mancava un elemento di verità che mi permettesse di descrivere il suo sguardo particolare. Sono ossessionata dalla verità dell’immagine perché per me il film è uno sguardo soggettivo, un mondo osservato dagli occhi dei protagonisti che deve rendere partecipe lo spettatore.
Nel lungometraggio saranno tre i personaggi e le storie intrecciate, tutte persone che si sentono come in una “bolla”, con paure e ossessioni di vario genere, non facili da raccontare senza cadere nella fiction.
Il 3D si presta paradossalmente a quelle storie non spettacolari ma intime. Alcuni registi al riguardo sono scettici perché ci vedono solo una moda del momento, mentre bisognerebbe venire a contatto con un nuovo formato che costa poco, che permette di abbattere diversi costi e di descrivere lo spazio meglio di qualsiasi altro formato.


Il trailer del film


28/06/2011, 19:22

Antonio Capellupo